Sinergie di Scuola – 30/01/2014 – Il congedo parentale per i docenti a tempo determinato
Le disposizioni in materia di congedo parentale di cui al vecchio CCNL scuola del 2001 si applicano a tutto il personale della scuola, anche se a tempo determinato.
Così ha deciso la Corte di Cassazione, con ordinanza n. 1835 del 28/01/2014, decidendo sul ricorso proposto dal Miur contro la sentenza della Corte d’appello di Brescia, che a conferma della decisione dei giudici di primo grado, aveva accolto la domanda di alcuni docenti con contratto a tempo determinato, per l’accertamento del diritto alla retribuzione integrale, prevista dall’art. 11, comma 3, CCNL Comparto Scuola del 15/3/2001, nei periodi in cui avevano fruito dei congedi parentali, per i periodi di astensione obbligatoria e facoltativa.
Il Miur contestava l’applicabilità dell’art. 11, comma 3, CCNL 2001, al personale assunto con contratto a tempo determinato, rilevando che soltanto con il successivo CCNL del 2003, non applicabile ratione temporis nella fattispecie, era stata innovata la disciplina dei congedi di maternità con equiparazione del relativo trattamento economico dei dipendenti a tempo determinato a quello dei dipendenti a tempo indeterminato.
La Cassazione ha però dato ragione ai docenti, considerando il ricorso manifestamente infondato in adesione alla giurisprudenza della stessa Corte che con le sentenze nn. 17234 e 17235 del 2010 ha affermato il seguente e condiviso principio di diritto: “le disposizioni in tema di congedi parentali di cui all’art. 11 del ccnl 15-3-2001 del personale del Comparto Scuola (nella fattispecie commi 3 e 5), fatte salve, quali condizioni di maggior favore, dal D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 1, comma 2, vanno interpretate nel senso che sono dirette a tutto il personale dipendente, senza distinzione alcuna tra personale a tempo indeterminato e personale a tempo determinato”.
Questo il ragionamento svolto dalla Suprema Corte.
La normativa di legge vigente e già in vigore all’epoca dei fatti (D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151) dispone che per quanto riguarda il congedo di maternità (ex astensione obbligatoria) “le lavoratoci hanno diritto ad un’indennità giornaliera pari all’80 per cento della retribuzione per tutto il periodo del congedo di maternità”, e per quanto riguarda i congedi parentali (e fra questi quello “alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di congedo di maternità” – ex astensione facoltativa) “è dovuta fino al terzo anno di vita del bambino un’indennità pari al 30 per cento della retribuzione, pei un periodo massimo complessivo tra i genitori di sei mesi”; lo stesso D.Lgs., all’art. 1, comma 2, stabilisce però che: “Sono fatte salve le condizioni di maggior favore stabilite da leggi, regolamenti, contratti, collettivi, e da ogni altra disposizione”.
Ebbene, l’art. 11 (“Congedi parentali”) del CCNL del 15/03/2001 del Comparto Scuola (successivo alla L. 8 marzo 2000, n. 53, ma anteriore al D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151), disponeva che “Nell’ambito del periodo di astensione dal lavoro previsto dalla L. n. 1204 del 1971, art. 7, comma 1, lett. a), e successive modificazioni e integrazioni, per le lavoratrici madri o in alternativa per i lavoratori padri, i primi trenta giorni, computati complessivamente per entrambi i genitori e fruibili anche in modo frazionato, non riducono le ferie, sono valutati ai fini dell’anzianità di servizio e sono retribuiti per intero, con esclusione dei compensi per lavoro straordinario e le indennità per prestazioni disagiate, pericolose o dannose per la salute”.
È evidente che la disciplina prevista dal CCNL del 2001 fosse più favorevole rispetto alla disciplina legale, prevedendo, in sostanza l’intera retribuzione sia per il periodo del congedo di maternità, sia per i primi trenta giorni del periodo di congedo parentale successivo.
Così come è evidente che il CCNL del 2001, con l’art. 11, disciplinava unitariamente i “Congedi parentali” con riferimento comune a tutto il “personale dipendente”, attribuendo espressamente alle “lavoratrici” (ed ai “lavoratori”) il miglior trattamento previsto, senza specificazione né distinzione alcuna all’interno del personale stesso; cosa che invece non era prevista nel precedente contratto del 1995 che espressamente differenziava il trattamento retributivo in materia a seconda che del congedo usufruisse il personale dipendente a tempo indeterminato o quello con rapporto a tempo determinato.
La chiara espressione letterale del CCNL del 2001 e la scomparsa della differenziazione pregressa, per la Cassazione inducono a ritenere che le parti collettive abbiano senz’altro voluto uniformare la disciplina dei congedi parentali con riferimento sia al personale a tempo indeterminato sia a quello a tempo determinato.