Orizzontescuola.it – 02/12/2019 –Vigilanza: in quali momenti delle attività il docente è responsabile, corresponsabilità genitori e istituto (di Laura Biarella)
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Il codice civile (secondo comma dell’art. 2048) dispone che i precettori e coloro che insegnano un mestiere o un’arte (figure che ricomprendono gli insegnanti) sono responsabili per il fatto illecito commesso dai minori capaci di intendere e volere nel tempo in cui questi sono sottoposti alla loro vigilanza. Ma per quanto tempo dura la vigilanza? Il danneggiato può agire in giudizio solo contro il docente preposto alla vigilanza o anche contro la scuola e/o i genitori del minore danneggiante?
I profili temporali della responsabilità. La responsabilità dei precettori e dei maestri d’arte (così li definisce la legge, intendendo per tali anche i docenti) trova il proprio fondamento sull’omessa vigilanza, limitata al tempo in cui gli allievi sono loro affidati. Ma tale periodo è esteso pure a momenti ove gli insegnanti non parrebbero strettamente tenuti alla vigilanza degli alunni, quali ad esempio:
- nell’intervallo di tempo che precede l’inizio delle lezioni,
- durante la ricreazione,
- nei momenti di svago trascorsi nei locali scolastici (ad esempio nelle aule e lungo i corridoi) o nei luoghi di pertinenza della scuola (ad esempio in palestra).
L’art. 350 del r.d. 26.05.1928, n. 1297, dispone infatti che “Il maestro deve trovarsi alla scuola non meno di 10 minuti prima dell’inizio delle lezioni, per assistere all’ingresso dei suoi alunni; deve sorvegliare gli alunni stessi durante il tempo destinato agli insegnamenti integrativi o di religione ad altri affidati alla ricreazione e alla refezione dove l’orario adottato è unico; e deve rimanere nella scuola finché i suoi alunni ne siano usciti”.
Tale responsabilità, quindi, permane fino al momento di uscita degli alunni dai locali scolastici.
La colpa “presunta”. Il secondo comma dell’art. 2048 c.c. statuisce che i precettori e coloro che insegnano un mestiere o un’arte (si ribadisce, intendendo per tali anche gli insegnanti) sono responsabili per il fatto illecito commesso dai minori capaci di intendere e volere nel tempo in cui questi sono sottoposti alla loro vigilanza. Sussiste quindi una “presunzione di colpa”, che nelle aule di giustizia determina quella che, tecnicamente, viene definite “inversione dell’onere della prova”.
Il grado di vigilanza. Dalla presunzione di colpa contenuta nell’articolo 2048 c.c., si evince che la vigilanza deve essere adeguata e commisurata in funzione di:
- ambiente,
- età del minore,
- carattere del minore.
La responsabilità quando l’alunno cagiona un danno a terzi. Maestri e precettori sono sottoposti alla responsabilità (dell’art. 2048 c.c.) solamente nelle ipotesi ove l’allievo procuri a terzi un danno.
La responsabilità quando l’alunno cagiona un danno a sé stesso. Se nello svolgimento di una certa attività l’alunno si fa male, i precettori possano essere chiamati a rispondere delle lesioni procurate all’allievo, tuttavia non secondo i criteri di imputazione dell’articolo 2048 c.c., bensì secondo quello ordinario (art. 2043 c.c.).
La corresponsabilità dei genitori. La responsabilità degli insegnanti “concorre” con quella dei genitori (nel senso che il giudice potrebbe suddividere la responsabilità in due percentuali variabili), i quali sono sollevati dalla responsabilità per culpa in vigilando quando i figli sono affidati alla custodia di terzi, ma non anche dalla culpa in educando. Consegue che i genitori dovranno dimostrare, per liberarsi dalla presunzione di responsabilità per il fatto compiuto dal minore, di aver adempiuto agli obblighi imposti dall’art. 147 c.c. verso i propri figli e, quindi, di aver impartito al minore un’educazione adeguata a prevenire comportamenti illeciti.
La corresponsabilità dell’istituto. La responsabilità del docente può anche concorrere con quella del suo datore di lavoro, e quindi della scuola sia pubblica (quindi, una pubblica amministrazione) che privata. Pertanto, al fine di ottenere il risarcimento del danno, la vittima danneggiata può agire in giudizio contro la scuola. Il Tribunale di Roma (Sezione XII Civile, Sentenza del 21 settembre 2009, n. 19013), ha chiarito che l’amministrazione scolastica è direttamente responsabile (ai sensi dell’art. 2048 c.c.) in virtù del rapporto del collegamento organico con essa del personale dipendente, del danno che sia cagionato dal minore nel tempo in cui risulta sottoposto alla vigilanza di detto personale.
Come vincere la presunzione di colpa. La presunzione di colpa (disposta dall’art. 2048 c.c, comma secondo) può essere vinta, con conseguente esenzione da responsabilità, fornendo la prova di non aver potuto impedire il fatto (che ha provocato il danno), avendo adottato ogni misura organizzativa e disciplinare idonea ad evitare l’evento dannoso. Spetta quindi all’amministrazione scolastica la prova liberatoria che è stata esercitata la sorveglianza sugli allievi con una diligenza idonea ad impedire il fatto. Il precettore o il maestro d’arte, per liberarsi della presunzione di colpa posta a suo carico (dall’art. 2048, comma 2, c.c.), ha l’onere di provare che né lui, né alcun altro precettore diligente (ai sensi dell’art. 1176, comma 2, c.c.), avrebbe potuto, nelle stesse circostanze, evitare il danno e, tale prova, non può prescindere dalla dimostrazione della presenza fisica del precettore al momento della commissione dell’illecito da parte dell’allievo, integrando la stessa un dovere primario del precettore diligente ai sensi dell’art. 1176, comma 2, c.c. (Corte di Cassazione, Sezione VI, Civile, Sentenza del 04 giugno 2018, n. 14216).
A chi domanda il risarcimento la vittima e cosa deve dimostrare. Il danneggiato dal fatto illecito commesso dal minore sottoposto a vigilanza del docente, per ottenere il risarcimento dei danni conseguiti dalla condotta illecita posta in essere dal minore, può agire in giudizio o contro i genitori o contro la scuola (datore di lavoro del docente che aveva la vigilanza), oppure contro entrambi. L’onere probatorio del danneggiato consiste nella dimostrazione che il fatto si è verificato nel tempo in cui il minore era affidato alla scuola, essendo ciò sufficiente a rendere operante la presunzione di colpa per inosservanza dell’obbligo di sorveglianza.