– 04/09/2016 – Gestione organico autonomia: assegnazione docenti classi, potenziamento e sostituzioni, competenze collegiali e criteri da rispettare (di Katjuscia Pitino)
Tutti gli altri contenuti di www.orizzontescuola.it
Se non arriveranno presto dal Miur precisi chiarimenti sulla delicata gestione dell’organico dell’autonomia, sin dall’inizio del nuovo anno scolastico potranno già generarsi i primi contenziosi su alcuni aspetti che non sono affatto da trascurare.
Lasciare mano libera ai dirigenti scolastici, senza puntuali indicazioni, non potrà che determinare la stessa creatività dimostrata per la chiamata diretta. Tuttavia, si ricorda, che anche in assenza di precise istruzioni ministeriali esistono norme giuridiche aventi ancora forza di legge.
Sull’organico dell’autonomia
Il Miur ha più volte ribadito che l’organico dell’autonomia dovrà considerasi strutturalmente unitario, non dovendo più le scuole operare una distinzione formale tra organico di diritto e organico di potenziamento, a dire il vero sono molti quelli che non sanno ancora da che cosa l’O.A. sia realmente costituito e non mancano coloro i quali decretano che l’organico di potenziamento non esiste più. In verità la confusione è tanta e molti dirigenti scolastici, nella gestione di tale organico, pensano di poter fare tabula rasa di quanto ancora oggettivamente vigente sul piano normativo e contrattuale.
E’ utile a proposito ricordare le finalità generali che la Legge 107 attribuisce all’organico dell’autonomia (espresse nei commi 1 a 4 dell’art.1) e in primis ai docenti: il primo dovrà essere funzionale alle esigenze didattiche, organizzative e progettuali delle istituzioni scolastiche come emergenti dal piano triennale dell’offerta formativa”, i secondi dovranno concorrere alla realizzazione del piano triennale dell’offerta formativa con attività di insegnamento, di potenziamento, di sostegno, di organizzazione, di progettazione e di coordinamento” (comma 5 dell’art.1 della Legge 107). Da ciò discende anche l’affermazione del falso principio che i cosiddetti docenti potenziatori non esisteranno più, piuttosto si potrebbe parlare di assimilazione di organici ai fini di raggiungere gli obiettivi formativi prefissati dalle istituzioni scolastiche. L’assimilazione dovrà però operare nel rispetto di determinati criteri. Tra l’altro a sostegno che l’organico di potenziamento non abbia esaurito le sue potenzialità è intervenuta la Circolare Ministeriale sulle dotazioni organiche n. 11729 del 2016 ove si legge che “nell’ambito del potenziamento dell’offerta formativa non sono previste sostituzioni, ad eccezione, per le ore strettamente necessarie e solo in caso di assenze superiori a dieci giorni, delle situazioni di sdoppiamento di classi o di singoli insegnamenti e delle attività di carattere curriculare previste dal Piano dell’Offerta Formativa Triennale”.
Integrazione tra organico di diritto e di potenziamento
L’idea dell’integrazione tra posti comuni, per il sostegno e per il potenziamento dell’offerta formativa è presente già nella Nota Miur n.2805 dell’11/12/2015 in cui il Capo di dipartimento Rosa de Pasquale ha affermato che l’organico dell’autonomia dovrà gestirsi in modo da valorizzare la professionalità dei docenti “senza una rigida separazione tra posti comuni e posti di potenziamento, che dovranno gradualmente integrarsi”. Lo stesso concetto viene ribadito nella Nota Miur prot.2609 del 22/07/2016 concernente le “Indicazioni operative per l’individuazione dei docenti trasferiti o assegnati agli ambiti territoriali e il conferimento degli incarichi nelle istituzioni scolastiche”; all’interno del documento, viene fornita ai dirigenti scolastici, nell’ambito dell’individuazione delle competenze, una primizia circa la gestione dell’organico dell’autonomia; si legge infatti: “giova ricordare che i docenti così individuati faranno parte dell’organico dell’autonomia complessivamente assegnato ad ogni istituzione scolastica, senza alcuna distinzione predeterminata tra organico per posti comuni e organico di potenziamento”. Se l’affermazione fuga ogni dubbio sulla non distinzione tra OD e OP, lascia aperti ampi margini di libertà che se non gestiti diligentemente dai dirigenti scolastici rischiano appunto di generare contenziosi. L’autonomia è libertà e responsabilità, e sostanzialmente è partecipazione. Ragion per cui la formazione della volontà dirigenziale deve susseguire al rispetto di determinati vincoli, non esautorati dalla Legge 107.
Iter corretto di gestione e rispetto dei criteri: dirigente e organi collegiali
L’organico dell’autonomia, profilato nelle diverse note ministeriali, è da intendersi quindi come unitario, tuttavia l’ordinaria gestione che esso seguirà all’interno delle istituzioni scolastiche, seppur frutto di scelte organizzatorie che fanno capo al dirigente scolastico, dovrà seguire un iter corretto, a norma di legge, rispettoso delle competenze spettanti agli organi collegiali, perlomeno sino a quando non verrà modificato il T.U. D.Lgs. n.297 del 1994. Giova inoltre sottolineare che la Legge 107 del 2015 ha abbondantemente rimarcato la partecipazione degli organi collegiali all’interno delle istituzioni scolastiche anche per il “miglior utilizzo delle risorse”, peraltro il comma 78 dell’articolo unico della Legge 107 asserisce che “per dare piena attuazione all’autonomia scolastica e alla riorganizzazione del sistema di istruzione”, il dirigente scolastico deve agire “nel rispetto degli organi collegiali”, lasciando con ciò immutate talune prerogative e di raccordo all’azione dirigenziale.
Ambiti di gestione dell’organico dell’autonomia
Le sfere d’azione dovranno canalizzarsi su diversi ambiti, i più importanti riguardano l’assegnazione dei docenti alle classi, le sostituzioni e il potenziamento dell’offerta formativa; si tratta di spazi decisionali che come vedremo chiamano in causa l’arbitrio degli organi collegiali.
Assegnazione docenti alle classi
La Legge 107 parla di organico dell’autonomia, ma non dice chiaramente che il dirigente scolastico possa spostare ad libitum dalle classi i docenti titolari per assegnarli ad attività di potenziamento o di sostituzione dei docenti assenti. D’altra parte il comma 73 dell’articolo unico della Legge 107 sottolinea che “il personale docente già assunto in ruolo a tempo indeterminato alla data di entrata in vigore della presente legge conserva la titolarità della cattedra”. Pertanto ogni cambiamento di mansioni diverso dalle attività di insegnamento può rientrare legittimamente nel potere dirigenziale allorquando il provvedimento sia debitamente motivato, ragion per cui quello specifico, inerente l’assegnazione dei docenti alle classi, deve realizzarsi seguendo determinati criteri scaturenti dagli organi collegiali e abbia in corpo una sua palese motivazione che deve essere alquanto strategica e funzionale al perseguimento delle finalità e degli obiettivi del piano triennale dell’offerta formativa.
L’atto di assegnazione dei docenti alle classi pur identificandosi come atto di natura privatistica è infatti soggetto a principi di ordine amministrativo (sentenza del Tribunale di Agrigento n.2778 del 3/12/2003) quali la pubblicità e la trasparenza nelle decisioni adottate, l’imparzialità e la parità di trattamento che non possono essere in nessun modo eluse da atti unilaterali. Tale assunto viene anche sostenuto dall’obbligo di motivazione dei provvedimenti adottati ex Legge 241 del 1990.
Mettiamo il caso che un dirigente scolastico decida di assegnare delle classi ad un docente potenziatore neo-inserito nell’organico dell’autonomia, orbene la sua scelta non potrà che realizzarsi nel rispetto dei criteri stabiliti dal consiglio di istituto, tenendo conto delle proposte del collegio dei docenti. In un certo modo esistono quindi dei paletti che devono pur guidare le scelte dirigenziali; si tratta di fondamenti che trovano un riscontro più che nel recente TUPI (D.Lgs. n.165 del 2001), nell’art.396 del D.Lgs.297 del 1994, articolo che disciplina la funzione direttiva (per nulla in contrasto con l’art.25 del D.lgs.165) ove si legge che al personale direttivo spetta procedere alla formazione delle classi, all’assegnazione ad esse dei singoli docenti, alla formulazione dell’orario, sulla base dei criteri generali stabiliti dal consiglio di circolo o d’istituto e delle proposte del collegio dei docenti. Gli atti di gestione del dirigente scolastico devono quindi essere rispettosi dei suddetti criteri e riportati nel provvedimento finale di assegnazione dei docenti alle classi. L’obbligo di motivazione si fa risalire all’art.3 della Legge 241 del 1990 e nel rispetto degli articoli 1175 e 1375 del c.c. i quali regolano rispettivamente “comportamento secondo correttezza” e “esecuzione di buona fede”.
Ebbene in questa fattispecie il dirigente dovrà fornire congrua motivazione delle decisioni adottate, non dimenticando di rispettare i criteri di cui sopra e, come affermato nel comma 3 dell’art.396 succitato, “avendo cura di garantire le condizioni per la continuità didattica, nonché la migliore utilizzazione delle competenze e delle esperienze professionali, assicurando, ove possibile, una opportuna rotazione nel tempo”. Si evince che il dispositivo si piega in favore della continuità nella classe e tiene conto della programmazione educativa stabilita nella scuola e delle scelte espresse nel PTOF. La motivazione serve a dare la possibilità a chi dovesse vedere lesi i propri diritti, di presentare reclamo contro le decisioni adottate dal dirigente scolastico.
Ricordiamo, in ogni caso, che ogni azione intrapresa dovrebbe tenere presente, il rispetto del principio di uguaglianza formale che impone di trattare in modo uguale situazioni uguali e in modo diseguale situazioni diverse e che non sia nemmeno corretto radiare i cosiddetti diritti quesiti senza valida motivazione, quest’ultima sempre scaturente dalla consultazione degli organi collegiali.
E’ il caso anche di ricordare che la Delibera ANAC n.430 del 2016 tra i processi a maggior rischio corruttivo riguardanti le istituzioni scolastiche inserisce anche l’assegnazione dei docenti alle classi.
Potenziamento dell’offerta formativa e sostituzioni
Altra questione da considerare riguarda le situazioni in cui il docente si vede assegnato per attività di potenziamento e per le sostituzioni dei docenti assenti, tale costrutto è affermato nel comma 85 della Legge 107 del 2015 “tenuto conto del perseguimento degli obiettivi di cui al comma 7, il dirigente scolastico può effettuare le sostituzioni dei docenti assenti per la copertura di supplenze temporanee fino a dieci giorni con personale dell’organico dell’autonomia che ove impiegato in gradi di istruzione inferiore, conserva il trattamento stipendiale del grado di istruzione di appartenenza”. Stante la novità introdotta dalla legge anche questi aspetti, per il principio di buon andamento, andrebbero palesati nel decreto di assegnazione del dirigente scolastico. Il potenziamento dell’offerta formativa è parte integrante del PTOF ed è speculare al Piano di miglioramento e agli obiettivi formativi prioritari di cui al comma 7 della legge 107.
Il comma 85 dà mano libera al dirigente scolastico ma incamera un principio ineludibile ossia la valenza educativa e didattica sottostante alla sostituzione dei docenti assenti. Per questo motivo il decreto di assegnazione dovrà indirizzare i docenti anche sul piano didattico; la messa a disposizione, se non giustificata e qualificata da finalità formative, come emergenti dal PTOF, rivestirà lungo il corso dell’anno scolastico il sapore del ‘tappabuchismo’, rischiando di far disperdere così energie e impiego di valide risorse, svilendo ovviamente l’obiettivo potenziatore di cui alla Legge 107. Sarebbe opportuno anche calendarizzare le cosiddette ‘ore a disposizione’ di cui ciascun docente potrà essere destinatario onde evitare il rischio di cui sopra.
Circa l’impiego dei docenti in gradi di istruzione inferiore, il legislatore, nella Legge 107, sostiene tale assunto nel comma 85, non mancando tuttavia di precisare al contrario, nel comma 79, che il dirigente scolastico, nell’ambito dell’individuazione dei docenti per la proposta degli incarichi, può utilizzare i docenti in classi di concorso diverse da quelle per le quali sono abilitate, “purché posseggano titoli di studio validi per l’insegnamento della disciplina e percorsi formativi e competenze professionali coerenti con gli insegnamenti da impartire”, da ciò discende che il principio del possesso di specifici titoli sia valevole anche per i docenti dell’organico dell’autonomia che potrebbero trovarsi a sostituire docenti assenti in classi di concorso di grado di istruzione inferiore non possedendo appunto il titolo per l’insegnamento o percorsi ad hoc. In questo caso il docente utilizzato avrebbe diverse possibilità: sostituire e vigilare gli alunni, impartire insegnamenti coerenti con il suo profilo professionale o sviluppare determinati progetti coerenti con il PTOF ma, a monte, tutto ciò esige che vi sia un piano di azioni predefinito nella programmazione educativa e didattica che compete come sappiamo agli organi collegiali, di cui la Legge 107 sottolinea a più riprese la forte valenza partecipatoria. Senza il tal piano di azione debitamente esplicitato si rischia di atrofizzare la scuola, de-potenziando oltretutto gli obiettivi di cui al comma 7, individuati come prioritari.
Si tratta di azioni che non mirano a contrastare l’azione dirigenziale quanto ad incanalarla all’interno di un modus operandi corretto e trasparente, rispettoso di tutti e a salvaguardia del diritto all’istruzione che va sempre tutelato.
Le distopie sull’argomento sono tante salvo indicazioni ministeriali che potranno porre rimedio all’inizio di un nuovo anno scolastico che si prefigura pieno di polemiche su diversi versanti.