Orizzontescuola.it – 09/03/2018 – Malattia, no a diagnosi del medico scritta nel certificato. Una sentenza (di Avv. Marco Barone)
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Come è noto da qualche anno in caso di malattia il lavoratore, come evidenzia l’INPS sul suo sito.
“Non è più tenuto a consegnare una copia dell’attestato di malattia al datore di lavoro, ma deve semplicemente contattare il proprio medico e comunicare al datore di lavoro la propria assenza e un indirizzo per la sua reperibilità.Spetta al medico compilare il certificato telematico per conto del lavoratore che, tramite un apposito sistema, viene inoltrato all’Inps. L’Istituto, attraverso il suo portale web rende disponibili, sia ai lavoratori che ai datori di lavoro, i certificati e gli attestati di malattia pervenuti. Il datore di lavoro può visionare esclusivamente l’attestato di malattia del lavoratore, un documento che contiene tutti i dati del certificato esclusa la diagnosi. Il lavoratore, invece, ha la possibilità di visionare sia l’attestato che il certificato medico comprensivo di tutti i dati relativi alla malattia.”
A conferma di ciò arriva una nuova sentenza della Cassazione.”La riservatezza imposta nella refertazione del medico fiscale esige che non debba essere annotata sulla copia per il datore di lavoro la diagnosi del paziente“.
La Cass. civ. Sez. III Ordinanza, 31/01/2018, n. 2367 afferma “L’interpretazione delle norme preposte alla tutela della riservatezza, con particolare riferimento ai dati sensibili quali certamente sono quelli concernenti le condizioni di salute del dipendente malato, induce a ritenere che il datore di lavoro debba essere a conoscenza soltanto della conferma della prognosi da parte del medico fiscale e che, dunque, qualsiasi indicazione – anche concernente le visite specialistiche prescritte – dalla quale possa essere desunta la diagnosi, debba ritenersi contrastante con la normativa sulla tutela della privacy. (Nella specie, tuttavia, il pregiudizio lamentato dal dipendente non è ascrivibile alla annotazione effettuata dal medico fiscale, ma deve essere collegato, sulla base della stessa prospettazione del ricorrente, alla avvenuta divulgazione della richiesta di una visita collegiale psichiatrica da parte del Provveditorato al quale il preside della scuola aveva trasmesso il referto ricevuto.)”