Orizzontescuola.it – 13/04/2019 – Email dei docenti, può essere resa pubblica per le famiglie? Come la scuola deve trattare il dato (di Avv. Marco Barone)
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Oramai le procedure sono sempre più telematizzate, pur nell’attesa del famoso piano di dematerializzazione del MIUR, si è andati avanti lo stesso, dal registro elettronico, agli albi online. Uno degli aspetti più problematici riguarda certamente la questione della mail del lavoratore
L’utilizzo della mail nella scuola oramai è una necessità. E’ richiesta per adempiere ad una pluralità di funzioni, dalla convocazione delle supplenze, alle comunicazioni con la segreteria per la trasmissione di certificazioni, alle comunicazioni anche sindacali. Eppure, manca, nel settore, scolastico una disciplina organica sull’utilizzo della mail, cosa che sarebbe necessaria provvedere, stante anche il cambiamento della società. Ad esempio. Come regolamentare il rapporto tra famiglie e docenti sul punto? Può essere diffusa pubblicamente l’indirizzo mail del lavoratore? Tenendo conto che esistono due tipi di mail, quello strettamente personale, e quello che ha l’estensione ministeriale che diventerà il domicilio informatico del dipendente con tutte le conseguenze del caso.
Il Garante della Privacy con doc. web n. 8159221 n. 53 del 1° febbraio 2018 si è pronunciato sulla disciplina lavoristica in materia di mail. Pur riguardando il pronunciamento la gestione privatistica nel rapporto di lavoro, i principi come applicati, possono essere estesi anche alla P.A.
La disciplina lavoristica sul controllo della mail del lavoratore
La raccolta sistematica delle comunicazioni elettroniche in transito sugli account aziendali dei dipendenti in servizio, la loro memorizzazione per un periodo non predeterminato e comunque, allo stato, amplissimo e la possibilità per il datore di lavoro di accedervi per finalità indicate in astratto e in termini generali ˗ quali la difesa in giudizio o il perseguimento di un legittimo interesse ˗ consente alla società di effettuare il controllo dell´attività dei dipendenti. Ciò risulta in contrasto con la disciplina di settore in materia di controlli a distanza (cfr. artt. 11, comma 1, lett. a) e 114 del Codice e art. 4, legge 20.5.1970, n. 300). Tale disciplina infatti, pure a seguito delle modifiche disposte con l´art. 23 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 151, non consente l´effettuazione di attività idonee a realizzare il controllo massivo, prolungato e indiscriminato dell´attività del lavoratore (v. Linee guida per posta elettronica e internet citate in premessa, spec. par. 4, 5.2. lett. b) e 6; Consiglio di Europa, Raccomandazione del 1 aprile 2015, CM/Rec(2015)5, spec. princ. 14).
Inoltre il datore di lavoro, pur avendo la facoltà di verificare l´esatto adempimento della prestazione lavorativa ed il corretto utilizzo degli strumenti di lavoro da parte dei dipendenti, deve in ogni caso salvaguardarne la libertà e la dignità (v., tra gli altri, Provv. n. 139 del 7 aprile 2011, doc. web n. 1812154; Provv. n. 308 del 21.7.2011, doc. web n. 1829641; Provv. 23 dicembre 2010, doc. web n. 1786116; si veda in proposito Cass. 31.3.2016, n. 13057, laddove si afferma che qualora “siano attivate caselle di posta elettronica – protette da password personalizzate – a nome di uno specifico dipendente, quelle «caselle» rappresentano il domicilio informatico proprio del dipendente […]. La casella rappresenta uno «spazio» a disposizione – in via esclusiva – della persona, sicché la sua invasione costituisce, al contempo, lesione della riservatezza”). Tanto più che l´assenza di una esplicita policy al riguardo può determinare una legittima aspettativa del lavoratore, o di terzi, di confidenzialità rispetto ad alcune forme di comunicazione (cfr. Linee guida per posta elettronica e internet, cit., spec. 3; 5.2. lett. b), e 6.1.).
All’atto della cessazione del rapporto di lavoro la mail lavorativa va disattivata
Con riferimento ai trattamenti effettuati sulla posta elettronica aziendale dopo la cessazione del rapporto di lavoro, come già precisato dal Garante in precedenti occasioni, in conformità ai principi in materia di protezione dei dati personali, gli account riconducibili a persone identificate o identificabili devono essere rimossi previa disattivazione degli stessi e contestuale adozione di sistemi automatici volti ad informarne i terzi ed a fornire a questi ultimi indirizzi alternativi riferiti all’attività professionale del titolare del trattamento.
L’indirizzo mail personale è riservato
Nelle linee guida del 2 marzo 2011 il Garante ha inoltre precisato che non si possono riprodurre sul web i dati sullo stato di salute, i cedolini dello stipendio, l’orario di entrata e di uscita, l’indirizzo privato, la e-mail personale. Che è diversa da quella professionale. “Non appare giustificato riprodurre sul web informazioni quali i cedolini dello stipendio, dati di dettaglio risultanti dalle dichiarazioni fiscali, oppure riguardanti l´orario di entrata e di uscita di singoli dipendenti, l´indirizzo del domicilio privato, il numero di telefono e l´indirizzo di posta elettronica personale (diversi da quelli ad uso professionale), ovvero informazioni attinenti allo stato di salute di persone identificate, quali le assenze verificatesi per ragioni di salute.”
Le linee guida del Garante per posta elettronica
Con provvedimento numero 13 del 1° marzo 2007 Lavoro: le linee guida del Garante per posta elettronica e internet pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 58 del 10 marzo 2007 ha espresso, invece, alcuni principi importanti proprio sula questione della posta elettronica:
Il contenuto dei messaggi di posta elettronica –come pure i dati esteriori delle comunicazioni e i file allegati– riguardano forme di corrispondenza assistite da garanzie di segretezza tutelate anche costituzionalmente, la cui ratio risiede nel proteggere il nucleo essenziale della dignità umana e il pieno sviluppo della personalità nelle formazioni sociali; un´ulteriore protezione deriva dalle norme penali a tutela dell´inviolabilità dei segreti (artt. 2 e 15 Cost.; Corte cost. 17 luglio 1998, n. 281 e 11 marzo 1993, n. 81; art. 616, quarto comma, c.p.; art. 49 Codice dell´amministrazione digitale).
Tuttavia, con specifico riferimento all´impiego della posta elettronica nel contesto lavorativo e in ragione della veste esteriore attribuita all´indirizzo di posta elettronica nei singoli casi, può risultare dubbio se il lavoratore, in qualità di destinatario o mittente, utilizzi la posta elettronica operando quale espressione dell´organizzazione datoriale o ne faccia un uso personale pur operando in una struttura lavorativa.
La mancata esplicitazione di una policy al riguardo può determinare anche una legittima aspettativa del lavoratore, o di terzi, di confidenzialità rispetto ad alcune forme di comunicazione.
Tali incertezze si riverberano sulla qualificazione, in termini di liceità, del comportamento del datore di lavoro che intenda apprendere il contenuto di messaggi inviati all´indirizzo di posta elettronica usato dal lavoratore (posta “in entrata”) o di quelli inviati da quest´ultimo (posta “in uscita”).
É quindi particolarmente opportuno che si adottino accorgimenti anche per prevenire eventuali trattamenti in violazione dei principi di pertinenza e non eccedenza. Si tratta di soluzioni che possono risultare utili per contemperare le esigenze di ordinato svolgimento dell´attività lavorativa con la prevenzione di inutili intrusioni nella sfera personale dei lavoratori, nonché violazioni della disciplina sull´eventuale segretezza della corrispondenza.
In questo quadro è opportuno che:
- il datore di lavoro renda disponibili indirizzi di posta elettronica condivisi tra più lavoratori (ad esempio, info@ente.it, ufficiovendite@ente.it, ufficioreclami@società.com, urp@ente.it, etc.), eventualmente affiancandoli a quelli individuali (ad esempio, m.rossi@ente.it, rossi@società.com, mario.rossi@società.it);
- il datore di lavoro valuti la possibilità di attribuire al lavoratore un diverso indirizzo destinato ad uso privato del lavoratore;
- il datore di lavoro metta a disposizione di ciascun lavoratore apposite funzionalità di sistema, di agevole utilizzo, che consentano di inviare automaticamente, in caso di assenze (ad es., per ferie o attività di lavoro fuori sede), messaggi di risposta contenenti le “coordinate” (anche elettroniche o telefoniche) di un altro soggetto o altre utili modalità di contatto della struttura. É parimenti opportuno prescrivere ai lavoratori di avvalersi di tali modalità, prevenendo così l´apertura della posta elettronica. In caso di eventuali assenze non programmate (ad es., per malattia), qualora il lavoratore non possa attivare la procedura descritta (anche avvalendosi di servizi webmail), il titolare del trattamento, perdurando ´assenza oltre un determinato limite temporale, potrebbe disporre lecitamente, sempre che sia necessario e mediante personale appositamente incaricato (ad es., l´amministratore di sistema oppure, se presente, un incaricato aziendale per la protezione dei dati), l´attivazione di un analogo accorgimento, avvertendo gli interessati;
- in previsione della possibilità che, in caso di assenza improvvisa o prolungata e per improrogabili necessità legate all´attività lavorativa, si debba conoscere il contenuto dei messaggi di posta elettronica, l´interessato sia messo in grado di delegare un altro lavoratore (fiduciario) a verificare il contenuto di messaggi e a inoltrare al titolare del trattamento quelli ritenuti rilevanti per lo svolgimento dell´attività lavorativa. A cura del titolare del trattamento, di tale attività dovrebbe essere redatto apposito verbale e informato il lavoratore interessato alla prima occasione utile;
- i messaggi di posta elettronica contengano un avvertimento ai destinatari nel quale sia dichiarata l´eventuale natura non personale dei messaggi stessi, precisando se le risposte potranno essere conosciute nell´organizzazione di appartenenza del mittente e con eventuale rinvio alla predetta policy datori
Regolamentazione utilizzo mail, dal PTOF, al contratto integrativo ai regolamenti interni Con tutte le garanzie del caso, come richiamate dal garante, per quanto riguarda la modalità di utilizzo e diffusione della mail lavorativa, sarebbe opportuno disciplinarne il corretto utilizzo ad esempio nel PTOF. L’articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, afferma che ogni istituzione scolastica predispone, con la partecipazione di tutte le sue componenti, il piano triennale dell’offerta formativa, rivedibile annualmente. Il piano e’ il documento fondamentale costitutivo dell’identita’ culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche ed esplicita la progettazione curricolare, extracurricolare, educativa e organizzativa che le singole scuole adottano nell’ambito della loro autonomia. Ad esempio si possono prevedere le modalità di comunicazione tra “utenza” e personale scolastico. Così come è importante che ogni scuola provveda a dotarsi di un proprio regolamento sul punto. Ma affinché sia il più condiviso possibile dalla comunità scolastica è bene che si armonizzi con quanto contemplato dall’articolo 22 lettera c8 e c 9 del CCNL scuola. Lettere che in materia di contrattazione integrativa riguardano:i criteri generali per l’utilizzo di strumentazioni tecnologiche di lavoro in orario diverso da quello di servizio, al fine di una maggiore conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare (diritto alla disconnessione); i riflessi sulla qualità del lavoro e sulla professionalità delle innovazioni tecnologiche e dei processi di informatizzazione inerenti ai servizi amministrativi e a supporto dell’attività scolastica.
Utilizzo indirizzario mail per comunicazioni sindacali Anche la questione dell’utilizzo della mail per finalità sindacali sarebbe bene definirlo all’interno dell’istituzione scolastica. Certamente esiste l’albo sindacale, la bacheca sindacale, strumenti idonei a soddisfare le esigenze della pubblicità sindacale. Ma anche gli indirizzari mail professionali resi pubblici potrebbero essere utilizzati. Anche in questo caso soccorrono alcune interpretazioni giurisprudenziali che concernano il settore privato. La il provvedimento del Tribunale di Catania, Sezione Lavoro, 2 febbraio 2009 “Tornando alle attività sindacali effettuate con i mezzi informatici ed alla riconduzione delle stesse a quelle tradizionali indicate dallo statuto dei lavoratori, deve ritenersi che l’attività invio o di ricezione di comunicazioni sindacali attraverso la posta elettronica possa equipararsi all’attività di volantinaggio, che rientra nell’ambito della libertà sindacale concessa a qualunque organizzazione presente in azienda non vedendosi in cosa consista la differenza tra la materiale consegna ai dipendenti di volantini stampati sul luogo di lavoro e l’invio agli stessi, anche sulla loro posta elettronica aziendale, di una email avente identico contenuto – attività di volantinaggio che, come noto, è di per sé lecita in quanto non arrechi pregiudizio alla normale attività aziendale. (vedasi Pretura di Torino, sentenza del 18 marzo 1995, Estensore Cambria).Diversamente avverrebbe per il caso di utilizzo dell’indirizzo di posta elettronica aziendale per ricevere e/o inviare messaggi privati, condotta che costituisce, invece senza dubbio, un illecito contrattuale, considerato che possono ribadirsi per la posta elettronica le argomentazioni già elaborate dalla giurisprudenza con riferimento all’uso per utilità propria o di terzi di altri strumenti di lavoro, quali il telefono, il computer o internet. Posto, dunque, alla stregua di quanto sopra, che deve ritenersi pienamente lecita l’attività di invio di comunicazioni sindacali a mezzo di e-mail, anche quando essa sia diretta a indirizzi aziendali di posta elettronica, nei limiti in cui la stessa, per le modalità con le quali viene esercitata, non sia idonea ad arrecare pregiudizio, intralciandola, alla normale attività aziendale, deve rilevarsi che, nel caso di specie – alcun dubbio essendovi, anche alla stregua della stessa contestazione di addebito mossa al dipendente dalla società resistente, che le comunicazioni contestate abbiano contenuta e natura prettamente sindacale – appare rispettato il limite suddetto, in quanto il mero invio di una e-mail ad un dipendente dell’impresa è di per se priva di ogni invasività della sua sfera lavorativa, dipendendo, in buona sostanza, non dalla modalità di trasmissione in se, ma dalla responsabile condotta del lavoratore ricevente il fatto che la comunicazione sia letta in orario di lavoro, con illecita distrazione del lavoratore.” Il Tribunale di Milano con provvedimento del 10 maggio del 2002 sosteneva un concetto similare, come anche quello di Foggia, il 10 luglio del 2000 riconoscendo che l’utilizzo, della mail aziendale per le informazioni di carattere sindacale ai lavoratori è certamente da considerarsi espressione del tradizionale diritto di affissione di cui all’art. 25 dello Statuto dei lavoratori. Che così recita:
Le rappresentanze sindacali aziendali hanno diritto di affiggere, su appositi spazi, che il datore di lavoro ha l’obbligo di predisporre in luoghi accessibili a tutti i lavoratori all’interno dell’unità produttiva, pubblicazioni, testi e comunicati inerenti a materie di interesse sindacale e del lavoro.
L’utilizzo della mail rientra nel tempo lavoro Può sembrare una cosa da niente, ma sta prendendo piede, in modo non regolamentato, e senza freno, l’abitudine di comunicare via mail questioni di servizio quando non si è in orario di lavoro, e neanche in servizio, per non parlare delle mail che possono pervenire da alcune famiglie verso l’indirizzo istituzionale mai del docente, in qualsiasi momento del giorno. D’altronde un docente, quando può rispondere alla mail? Sicuramente non mentre presta servizio in classe. Risponderà, così come avviene, di norma, in quello che sarebbe il suo tempo libero, che viene spesso impiegato per preparare il suo lavoro a scuola, dalla correzione dei compiti, alla preparazione delle verifiche, tempo di lavoro non riconosciuto e non retribuito. Anche l’utilizzo della mail per fini lavorativi rientra nel tempo lavoro ed il diritto alla disconnessione che è stato contrattualizzato proprio per queste ragioni e va definito all’interno dei paletti della contrattazione d’istituto, come in precedenza richiamato.