– 21/10/2015 – Culpa in vigilando: Responsabilità e vigilanza del minore dopo l’uscita da scuola. Per chi suona (l’ultima) campanella? (di Vincenzo Brancatisano)
Suona l’ultima campanella, gli studenti affollano i cancelli d’uscita e lasciano la scuola. Molti si mettono a correre per riuscire a prendere la corriera.
Una studentessa sedicenne non si accorge dell’arrivo di un pullman all’incrocio e neppure l’autista fa in tempo a evitarla. Finisce sotto le ruote e muore. Due studenti quindicenni minacciano di darsele di santa ragione, all’uscita da scuola, dopo che lei lo ha aggredito colpendolo al viso con unghie e schiaffi in corridoio.
All’uscita si azzuffano, si scoprirà poi dalle cronache, e finiscono al pronto soccorso. E si potrebbe continuare. Responsabilità dei docenti per mancata vigilanza sui minori, per chi suona la campanella dell’ultima ora? A che ora termina l’obbligo per i docenti di sorvegliare i propri studenti minorenni? Posto che nelle scuole dell’infanzia e nelle primarie è invalso l’uso di attendere i genitori o i delegati dei genitori cui affidare i bambini, che cosa succede invece nelle scuole secondarie di primo e secondo grado, dove gli studenti vengono quasi sempre lasciati uscire dai cancelli del plesso una volta suonata l’ultima campanella, indipendentemente dalla presenza di adulti autorizzati a prelevarli? Il problema è di quelli che fanno tremare le vene ai polsi, eppure è affrontato in maniera molto approssimativa da molte scuole.
La normativa sul tema è talmente poco stringente da consentire la diffusione tra gli operatori scolastici di una marea di interpretazioni fantasiose e di battute ironiche: Che cosa facciamo, ora ci portiamo a casa gli alunni? Rimaniamo a scuola fino alle sei, con quello che ci pagano? Chiamiamo i carabinieri? E chi mi dice che se non li lascio uscire, i genitori poi non mi denunciano per sequestro di persona? Ebbene: anche quest’ultimo avvenimento s’è verificato, in provincia di Bergamo, e potrebbe succedere ancora, in assenza di norme precise.
I dirigenti scolastici, sui quali non grava la culpa in vigilando, che pesa invece sul personale docente e Ata, si ispirano talvolta alle rassicurazioni degli esperti in materia di sicurezza e questi ultimi danno spiegazioni talvolta evasive, talaltra rassicuranti o al contrario preoccupanti. Di sicuro, il popolo dei docenti appare del tutto sprovveduto sul piano giuridico, sul tema, – cfr. stralcio di un parere dell’Avvocatura dello Stato pubblicato sotto – visto che molti si dicono convinti che finito l’orario di servizio, finisce pure l’obbligo di vigilanza. Tante volte ci si accontenta e anzi si sollecita la produzione di una liberatoria scritta da parte dei genitori e si ritiene che questa possa esimere da responsabilità.
Ma il gesto potrebbe aggravare la situazione. Già, poiché il documento non solo potrebbe non funzionare da esimente ma addirittura potrebbe trasformarsi in un boomerang sul piano probatorio nel corso di un eventuale processo risarcitorio, rivelandosi il medesimo documento quale prova della consapevolezza in capo al docente dello stato di pericolo costante cui il minore sottoposto alla sua vigilanza viene lasciato una volta suonata l’ultima campana. I sindacati hanno ben chiaro il problema, ma non hanno mai ottenuto una soluzione (legislativa) drastica del medesimo. La Flc di Pavia, per esempio, ribadisce agli iscritti che la Cassazione Civile Sez. I, con sentenza n. 3074 del 30/3/99, pronunciandosi in merito, ha circostanziato gli ambiti di responsabilità di cui ci si occupa. La scuola – sancisce la Suprema Corte – ha il dovere di provvedere alla sorveglianza degli allievi minorenni per tutto il tempo in cui gli sono affidati, e quindi fino al subentro, “reale o potenziale”, dei genitori o di persone da questi incaricate. Ma sono proprio i termini ambigui e gli aggettivi come “potenziale” a rendere precaria l’interpretazione del quadro che descriviamo. Cosa significa, ci chiediamo, l’inciso “fino al subentro potenziale dei genitori”.
Nulla. “Pur sapendo che la giurisprudenza non riconosce liberatorie da parte dei genitori – scrive la Flc – crediamo sia necessario e utile far compilare alle famiglie le modalità di consegna e ritiro del figlio/a e che ci sia una dichiarazione che consenta quanto meno alla Scuola di fare presente di aver agito con tutti gli strumenti utili ai fini della gestione dei minori a lei affidati”. Ecco un punto importante: “Pur sapendo che la giurisprudenza non riconosce liberatorie…”. Dunque i sindacati sono ben coscienti che non esistono liberatorie capaci di esimere i docenti da responsabilità. Peraltro, non mancano segnali di attenzione provenienti da varie parti. Racconta una docente di Palermo:“Abbiamo avuto un corso a scuola intitolato ‘Culpa in vigilando’ con un avvocato che ci ha spiegato che i minori fino a 18 anni vanno consegnati ai genitori.
A noi noi è sembrata roba da pazzi….ma come? Un genitore non è libero di educare i figli come vuole ritenendoli capaci di recarsi a scuola da solo e tornarsene da solo? In pratica noi, se in uscita da scuola non c’è nessuno che prende il bambino, quest’ultimo dovrebbe rimanere, a parere dell’avvocato del corso, che ha specificato di essere marito di una dirigente scolastica, dovrebbe rimanere e tenerlo in consegna senza ricorrere alle forze dell’ordine”. Servirebbe una legge stringente, ma la legge non c’è. Tuttavia giace in Parlamento una proposta di legge che attende di essere esaminata.
E’ dei senatori Comaroli, Munerato e Consiglio (Lega Nord) che hanno fiirmato un progetto di legge (n. 325/2013, vedi sotto) contenente “Modifiche al testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, in materia di vigilanza sugli studenti durante l’uscita dalla scuola”, presentato il 26 marzo 2013, e ancora in attesa di essere discusso in Commissione legislativa. I senatori confermano in pieno l’esistenza di una zona grigia assai pericolosa per gli studenti e per i docenti. “Con il presente disegno di legge – osservano i firmatari – si intende fare chiarezza su una questione che dà adito a fraintendimenti di vario tipo in materia di vigilanza degli studenti all’uscita dalla scuola, al punto da configurare l’esistenza di un vuoto legislativo”. Da qui un breve excursus sui principali riferimenti normativi, che utilizziamo per contribuire a rendere più chiaro il problema. Vediamo. 1) La scuola ha il dovere della sorveglianza degli allievi per tutto il tempo in cui le sono affidati; per il dirigente scolastico, il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 prevede la sussistenza di obblighi organizzativi di amministrazione e di controllo sull’attività degli operatori scolastici, con conseguenti responsabilità in caso di incidente per carenze a lui imputabili, allorché non abbia eliminato le fonti di pericolo, non abbia provveduto alla necessaria regolamentazione dell’ordinato deflusso degli studenti in uscita dalla scuola, ovvero non abbia provveduto a far approvare un regolamento di istituto dall’organo collegiale competente, il consiglio d’istituto, previsto dall’articolo 10, lettera a), del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 297 del 1994. 2) Il contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) 2006-2009 all’articolo 29, comma 5 indica quali obblighi ha il docente “per assicurare l’accoglienza e la vigilanza degli alunni, gli insegnanti sono tenuti a trovarsi in classe 5 minuti prima dell’inizio delle lezioni e ad assistere all’uscita degli alunni medesimi”. 3) Il CCNL 2006-09 alla Tabella A dei profili ATA, per l’area A prevede che il personale “ … è addetto ai servizi generali della scuola con compiti di accoglienza e di sorveglianza nei confronti degli alunni, nei periodi immediatamente antecedenti e successivi all’orario delle attività didattiche e durante la ricreazione, e del pubblico; di pulizia dei locali, degli spazi scolastici e degli arredi; di vigilanza sugli alunni, compresa l’ordinaria vigilanza e l’assistenza necessaria durante il pasto nelle mense scolastiche, di custodia e sorveglianza generica sui locali scolastici, di collaborazione con i docenti.
La Cassazione Civile, Sezione I, con sentenza n. 3074 del 30 marzo 1999, pronunciandosi in merito – ricordano i senatori – ha circostanziato gli ambiti di responsabilità di cui ci si occupa, sancendo che “l’istituto d’istruzione ha il dovere di provvedere alla sorveglianza degli allievi minorenni per tutto il tempo in cui gli sono affidati, e quindi fino al subentro, reale o potenziale, dei genitori o di persone da questi incaricate”. Insistono i senatori: “Vediamo nella pratica quale prassi seguire, nel caso in cui il dirigente scolastico disponga la non uscita dalla scuola degli alunni senza la presenza di un adulto che prenda in consegna il minore, e quali soggetti sono coinvolti: a) il docente accompagna fino al cancello, o uscita della scuola, gli alunni. Nel caso non ci siano persone individuate per la consegna del minore, trattiene il minore; b) il docente che ha terminato il proprio orario di servizio, a questo punto, consegna alla scuola tramite il collaboratore scolastico in servizio l’alunno; c) la scuola (dirigente scolastico, vicario, collaboratore del dirigente scolastico o altri delegati) deve rintracciare i genitori e invitarli a ritirare il figlio; d) se il genitore non è rintracciabile, la scuola deve avvisare i vigili urbani o i carabinieri per rintracciare i genitori; nel caso in cui sia impossibile contattare i genitori, la scuola consegna l’alunno agli stessi vigili perché venga trasportato presso la casa dei genitori o parenti delegati dai genitori”. Il problema è che oggi “le realtà sono le più svariate, dai piccoli paesi alle città, cosi come i contesti familiari sono diversi e variegati”. Anche tra i minori “è necessario distinguere tra un bambino di 6 anni e un adolescente di 13/14 anni. I genitori, soprattutto nei piccoli centri, preferiscono per motivi di comodità che i propri figli minorenni tornino a casa in autonomia, e per questo motivo hanno interesse affinché il regolamento d’istituto preveda la cosiddetta liberatoria nei confronti dell’amministrazione scolastica, in maniera tale che – secondo loro – una volta usciti di scuola i ragazzi siano sotto la diretta responsabilità delle famiglie, questo ovviamente per permettere un loro ritorno a casa con pochi problemi logistici”.
Ma… c’è un ma. Grande quanto una casa. “La posizione assunta in merito da alcune avvocature dello Stato – sottolineano i senatori – tende però ad escludere la valenza di disposizioni interne all’istituzione scolastica dirette a richiedere ai genitori degli alunni l’autorizzazione al rientro a casa di questi da soli, ovvero non accompagnati da soggetto maggiorenne. Nel gergo in uso, tali autorizzazioni vengono definite liberatorie che si concretizzano in formule di esonero da responsabilità della amministrazione scolastica per gli eventuali danni conseguenti alla descritta situazione. Simili autorizzazioni, infatti, lungi dal costituire causa esimente la responsabilità dell’amministrazione scolastica per le lesioni eventualmente subite dall’alunno dopo l’uscita da scuola, potrebbero costituire prova della consapevolezza (lo abbiamo anticipato sopra, ndr) da parte dell’istituzione e dei suoi organi, di detta modalità di uscita da scuola degli allievi, con la conseguenza di risolversi sul piano probatorio, in sede di eventuale giudizio risarcitorio, in una implicita ammissione di omissione di vigilanza sugli alunni stessi”. Ma cosa ne pensano gli Uffici scolastici su questo tema delicato? “Le preoccupazioni di fondo che emergono nei pareri di diverse avvocature dello Stato – proseguono i senatori firmatari della proposta di legge – sono state dichiarate condivisibili anche da uffici scolastici sia provinciali che regionali, e hanno provocato l’adozione da parte di alcune scuole di comportamenti eccessivamente rigidi, che in qualche caso hanno avuto come conseguenza addirittura minacce di denuncia da parte di qualche genitore per sequestro di persona”.
Proseguono i senatori. “Il discrimine tra lecito e illecito è davvero sottile. Sul piano strettamente legale, e volendo interpretare in modo letterale l’articolo 591 del Codice penale (abbandono di minore) e gli articolo 2047 e 2048 del codice civile (obbligo di vigilanza sui minori e risarcibilità dei danni da essi cagionati), il genitore, il tutore o l’insegnante di un minorenne non dovrebbero mai lasciarlo senza assistenza. In particolare il docente dovrebbe consegnare il minorenne o ad un altro docente o al genitore o a un suo delegato. Solo cosi si è sicuri di non incorrere in errore e responsabilità”. E tuttavia, l’applicazione meccanica e generalizzata di questa norma si scontra non solo con la consuetudine consolidata nelle scuole e nelle famiglie, ma anche con il diritto del minore alla graduale acquisizione della propria autonomia. “In questa situazione poco chiara – proseguono i senatori – gli insegnanti si trovano tra l’incudine e il martello: da una parte hanno l’obbligo di sorvegliare gli alunni fino al subentro di una persona maggiorenne (in caso di incidente occorso a studenti durante il ritorno a casa in autonomia, alcune sentenze della Cassazione hanno infatti condannato gli insegnanti), e dall’altra i genitori che hanno interesse a che i propri figli (indipendentemente dall’età, dalla disabilità e dalla distanza casa-scuola) possano tornare a casa da soli.Nessuno vuole prendere una decisione ferma perché, stando alla pura applicazione della legge, nemmeno gli alunni delle scuole secondarie di secondo grado potrebbero tornare a casa da soli. Esiste dunque una sorta di zona grigia, un vuoto legislativo che non consente di risolvere il problema, in quanto non è specificato da nessuna parte (legge, CCNL, e così via) quando termina l’obbligo di vigilanza sugli alunni da parte dei docenti. La citata sentenza della Cassazione n. 3074 del 1999 parla di termine al subentro reale o potenziale dei genitori o di persone incaricata, ma anche questa sentenza lascia il dubbio sul termine ‘potenziale’ senza specificarne il significato”. Il problema riguarda tutte le scuole del Paese: “Ci sono scuole che nel loro regolamento accettano le liberatorie – illegittime secondo tutte le sentenze della Cassazione e i pareri di diversi uffici scolastici regionali – e scuole che, applicando alla lettera la legge, si sono ritrovate con una denuncia da parte dei genitori per sequestro di persona, come avvenuto tempo fa a Ponte San Pietro Bergamo”. Lo scopo della proposta di legge, che consiste in un unico articolo, è quello di colmare questa zona grigia modificando il Testo Unico di cui al decreto legislativo n. 297 del 1994, e in particolare l’articolo 10, comma 3, lettera a), ai sensi del quale il Consiglio di Circolo o di Istituto ha potere deliberante, tra l’altro, in materia di adozione del regolamento interno del circolo o dell’istituto che deve, fra l’altro, stabilire le modalità per il funzionamento della biblioteca e per l’uso delle attrezzature culturali, didattiche e sportive, per la vigilanza degli alunni durante l’ingresso e la permanenza nella scuola nonché durante l’uscita dalla medesima, per la partecipazione del pubblico alle sedute del consiglio”.
Ed ecco la proposta di legge: si tratta solo di aggiungere, nella norma, un inciso (“Il rispetto del regolamento interno del circolo o dell’istituto esenta i docenti da qualsiasi responsabilità civile o penale nei confronti degli studenti”) che nel rispettare l’autonomia delle singole scuole, preveda che una volta verificato che il regolamento di circolo o d’istituto è stato pienamente rispettato dagli insegnanti dell’ultima ora, questi saranno esentati a norma di legge da qualsiasi responsabilità civile e penale nei confronti degli studenti, ponendo così fine al pericoloso vuoto normativo
Proposta di legge a firma dei senatori Comaroli, Munerato e Consiglio
Art. 1.
1. L’articolo 10, comma 3, lettera a) del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, è sostituito dal seguente:
«a) adozione del regolamento interno del circolo o dell’istituto che deve fra l’altro, stabilire le modalità per il funzionamento della biblioteca e per l’uso delle attrezzature culturali, didattiche e sportive, per la partecipazione del pubblico alle sedute del consiglio ai sensi dell’articolo 42 e per la vigilanza degli alunni durante l’ingresso e la permanenza nella scuola nonché durante l’uscita dalla medesima. Il rispetto del regolamento interno del circolo o dell’istituto esenta i docenti da qualsiasi responsabilità civile o penale nei confronti degli studenti».
Stralcio del parere dell’Avvocatura dello Stato di Bologna:
AVVOCATURA DELLO STATO DI BOLOGNA
Vigilanza alunni all’uscita dall’istituto scolastico – Parere.
Nota del 4 dicembre 2000, n. 21200
[…]
Le regole sulla capacità di agire sono dettate nell’interesse dei terzi, ma soprattutto nell’interesse del minore, cosicché la capacità di agire è requisito indispensabile dell’attività giuridica allorquando gli atti posti in essere dall’incapace siano potenzialmente destinati a sfociare in effetti giuridici sfavorevoli alla persona che li compie. Da tali principi emerge che il soggetto che non abbia raggiunto la maggiore età, così come è oggetto – proprio a cagione della propria incapacità di agire – dell’obbligo di vigilanza imposto ai propri genitori ed ai precettori nel tempo in cui è affidato agli uni o agli altri, così non possa essere giuridicamente ritenuto avere la capacità necessaria ad assumere su di sé l’ obbligo di vigilanza – e la conseguente responsabilità – su altro soggetto minorenne. Ne consegue ulteriormente che l’istituzione scolastica che trasferisse la vigilanza sui minori dai propri docenti a soggetto minorenne, quand’anche questo corrispondesse a precise disposizioni date dai genitori, verrebbe meno al proprio obbligo di evitare situazioni potenzialmente pregiudizievoli per il minore, alla luce dell’orientamento giurisprudenziale sopra richiamato. A differente soluzione sotto il profilo giuridico non possono spingere né la pretesa dei genitori a non subire interferenze in quella che spesso viene presentata come scelta educativa, non essendo tale pretesa giuridicamente tutelabile allorché il minore si trovi affidato ad altro soggetto, stante l’indisponibilità del diritto all’incolumità e integrità fisica dello stesso, né difficoltà operative conseguenti all’applicazione dei richiamati principi. Ciò, pur essendo ben evidente come in certi contesti territoriali (piccoli centri urbani o di campagna) e sociali (contesti familiari con genitori entrambi “lavoratori” per periodi di tempo giornalieri superiori a quelli coincidenti con l’attività scolastica) il fenomeno del rientro a casa “da soli” degli alunni sia tanto diffuso quanto ineliminabile.L’istituto scolastico si trova così di fronte alla necessità di contemperare le esigenze delle famiglie con l’obbligo di rispettare il dovere di vigilanza sugli alunni (al fine precipuo di tutelare l’integrità fisica degli alunni ed a quello concorrente di non esporre l’amministrazione scolastica al rischio di responsabilità risarcitoria Al riguardo, sul piano giuridico, può ritenersi discriminante e congruo (e, quindi, difendibile anche sull’eventuale terreno giudiziario) un atteggiamento degli organi dell’istituto scolastico che, seppure non idoneo a risolvere il problema in via definitiva, passi attraverso: a) la formale esplicitazione (attraverso, ad esempio, circolari alle famiglie) della non accettazione da parte della scuola dì autorizzazioni all’uscita degli alunni non accompagnati; b) la richiesta ai genitori della formale e nominativa indicazione di soggetti (maggiorenni) cui “delegare” l’attività di “ritiro” degli alunni da scuola (comprendendo ovviamente anche i genitori di compagni dì classe); c) il coinvolgimento della amministrazione locale ove possibile, al fine della più idonea organizzazione del servizio di trasporto scolastico; D) la previsione e gestione di attività didattiche o ricreative complementari od integrative, che possono essere offerte anche al fine che ne occupa, oppure di servizi di semplice e più limitata
post-accoglienza degli alunni.
L’AVVOCATO DISTRETTUALE
Antonio Mancini