– 24/11/2015 – Ricostruzione di carriera: fino a 500 euro netti in più al mese e non saperlo (di Vincenzo Brancatisano)
Insegnanti e ATA: il loro stipendio netto mensile è appena aumentato anche di 300, 400, 500 euro e anche di più, ma molti interessati ancora non lo sanno. Si tratta dei docenti e del personale Ata entrati in ruolo negli ultimi anni e anche nell’anno in corso dopo una lunga carriera da precari.
Il 1 settembre 2015 molti docenti entrati in ruolo un anno prima e superato il periodo di prova, hanno maturato il diritto alla progressione stipendiale e quello a vedersi corrisposto lo stipendio corrispondente al nuovo gradone. Il personale Ata, per il quale peraltro i periodi di prova sono molto più brevi e diversificati a seconda del profilo professionale, viene invece inquadrato nel nuovo gradone il 1 settembre dello stesso anno dell’assunzione.
Dal gradone 0-9, dunque, questi lavoratori sono passati (sia pure virtualmente) al gradone successivo, o addirittura a quelli successivi, con conseguente e consistente aumento dello stipendio a partire dal superamento della prova.
“Virtualmente” poiché l’aumento di stipendio è subordinato alla ricostruzione della carriera da parte della scuola di totolarità. Ricostruzione alla quale docenti e Ata hanno diritto, che va chiesta con apposita domanda entro i termini brevissimi indicati dalla legge, con un’ulteriore innovazione introdotta dalla legge 107/2015, e grazie alla quale i lavoratori otterranno il nuovo inquadramento con effetto che retroagisce fino alla data del 1 settembre dell’anno di assunzione per gli Ata e dell’anno successivo al superamento dell’anno di prova per i docenti.
Ecco il motivo per il quale una volta ottenuta la ricostruzione (e dopo che la Ragioneria dello Stato avrà dato il via libera a seguito del suo controllo di legittimità) il personale interessato si vedrà corrispondere gli arretrati: ad esempio, se grazie al nuovo inquadramento lo stipendio fosse aumentato di 500 euro mensili netti al mese ma la ricostruzione fosse a sua volta ultimata solo dopo 24 mesi, saranno corrisposti al lavoratore 12.000 euro di arretrati più le due quote incrementate di tredicesima.
Di più: le eventuali ore eccedenti svolte durante il periodo che abbiamo definito virtuale, retribuite in proporzione allo stipendio di prima nomina, dovranno essere ricalcolate e il lavoratore riceverà gli arretrati anche per la parte di retribuzione, incrementata, delle ore aggiuntive, ma non corrisposta con lo stipendio.
A questo punto servono due precisazioni. La prima precisazione riguarda gli arretrati. C’è molta confusione tra i lavoratori della scuola in merito agli arretrati che si ottengono a seguito – e grazie – alla ricostruzione della carriera che, ripetiamo, va chiesta, altrimenti si decade dal diritto.
Peraltro sono tanti coloro che ignorano di cosa stiamo parlando e infatti tanti hanno lasciato e altri lasciano decorrere i termini di prescrizione: dieci anni di inerzia son sufficienti per perdere il diritto a chiedere la ricostruzione, cinque bastano per perdere gli arretrati, pur essendo nei termini per chiedere la ricostruzione.
Gli arretrati, si diceva. Gli arretrati che si ottengono con la ricostruzione della carriera si riferiscono unicamente all’incremento di stipendio ottenuto a partire dall’immissione in ruolo (per gli Ata) o dal superamento dell’anno di prova (per i docenti) e fino al termine della procedura di ricostruzione, che talvolta dura anche degli anni ad onta dei tempi più brevi indicati e imposti dalla legislazione più recente, quella del 2010 e quella del 2015.
Dunque si tratta di arretrati maturati solo a partire dalla fine del precariato. Molti invece s’illudono che questi arretrati si riferiscano al lungo o breve precariato. Gli arretrati maturati infatti durante il precariato vanno eventualmente chiesti separatamente e poiché l’amministrazione risponderebbe picche occorrerebbe chiederli con un eventuale ricorso giudiziario che sarebbe vincente qualora si dimostrassero i presupposti di questi arretrati e cioè l’illegittimità della reiterazione dei contratti a termine e il diritto di vedersi riconosciuti gli scatti di anzianità anche da precari.
Poiché la giurisprudenza nazionale e quella sovranazionale hanno ormai chiarito che, in ossequio al principio comunitario di Non dicriminazione, i lavoratori a termine della scuola non possono ricevere un trattamento sfavorevole rispetto ai colleghi di ruolo, il diritto a ottenere gli arretrati relativi al preruolo potrebbe essere riconosciuto in tribunale con un sufficiente grado di probabilità e naturalmente al netto della prescrizione che nel frattempo ha proseguito il suo decorso a causa dell’inerzia degli interessati.
Dunque la richiesta degli arretrati relativi al preruolo si può spingere non oltre i dieci anni (ma alcuni sostengono che si tratti di prescrizione quinquennale) precedenti alla richiesta. L’inerzia in ogni caso sarebbe invece esclusa, parzialmente o totalmente a seconda dei casi, da una eventuale lettera di interruzione dei termini che il lavoratore avesse inviato all’amministrazione con la richiesta di corresponsione degli scatti e del relativo aumento di stipendio durante il precariato. Qualcuno lo ha fatto, anche seguendo le istruzione del libro “Una vita da supplente”.
La seconda precisazione riguarda il motivo del sostanziale incremento di stipendio citato nell’incipit di questo articolo. Com’è possibile che uno stipendio mensile netto di 1380 euro si trasformi – seduta stante – in uno stipendio di 1600, 1700, 1850 euro e sempre al netto?
Ci riferiamo naturalmente a chi è passato di ruolo dopo un lungo periodo di precariato, con molti anni di servizio da far valere nella domanda di ricostruzione.
Chi si trova in queste condizioni, infatti, oltre a ottenere la progressione di carriera con il riconoscimento economico di gran parte dei servizi annuali svolti (primi 4 anni per intero più due terzi del restante periodo) potrebbe ottenere – contestualmente – anche lo “scongelamento” del terzo “congelato” ai fini economici.
Ciò avviene, secondo la legge, al compimento del 16°, 18°, 21°, 24° anno di servizio riconosciuto con la ricostruzione, a seconda che si tratti di insegnante della scuola secondaria di secondo grado, di primo grado e primaria-infanzia, di Ata e di docenti dei conservatori e delle accademie.
Pertanto, giusto per fare un esempio, se un docente di scuola secondaria di secondo grado vantasse, in ricostruzione, 25 anni di precariato, otterrebbe sul piano economico il riconoscimento di 4 anni per intero, più 14 (due terzi) degli altri 21 restando congelati gli altri 7, che sarebbero scongelati al compimento del sedicesimo anno di servizio (diciottesimo se scuola media di primo grado, e così via). Poiché però al docente medesimo sono stati appena riconosciuti 18 anni di servizio (14 più 4), ecco che ai 18 si aggiungerebbero gli altri 7 (il terzo mancante), con il risultato che egli stesso otterrebbe il riconoscimento di ben 25 anni di servizio con inquadramento nello scaglione 21-27 restandovi peraltro solo per pochi mesi in attesa di transitare nello scaglione successivo, al netto del blocco della progressione del 2013 decisa dal governo e di quelli futuri, se ce ne saranno.
Si consideri che l’anno di prova non partecipa al calcolo dei due terzi ma si aggiunge per intero a qual calcolo. Da qui la differenza di circa 500 euro mensili netti tra lo stipendio percepito come precario e quello percepito da lavoratore stabilizzato, con le dovute differenziazioni da apportare a seconda del grado di istruzione e delle differenze di stipendio per il personale Ata. Per chi vanta un periodo più breve di precariato valgono in proporzione le stesse considerazioni.
Due precisazioni aggiuntive. La prima. Non sono fondate le osservazioni di chi ritiene che lo scongelamento del terzo mancante si ottenga al compimento del 16°, 18°, 21°, 24° anno di servizio interpretato restrittivamente come “servizio di ruolo”. Se ciò fosse vero, il docente dell’esempio descritto dovrebbe attendere altri sedici anni (dicotto o ventuno o ventiquattro…) prima di vedere scongelato il terzo mancante, e in pratica non riuscirebbe mai, per motivi di età, a raggiungere l’obiettivo. Tanto che a questo punto varrebbe – per coerenza – non congelare ma addirittura eliminare ab origine il terzo del servizo in questione. Il che non è. Tuttavia pare che alcuni Dsga interpretino male, cioè restrittivamente la normativa, ma con un opportuno controllo sul decreto di ricostruzione (che è sempre opportuno provvedere a fare) il problema si risolverebbe.
La seconda precisazione riguarda gli Ata. Mentre per i docenti valgono solo i servizi annuali riconosciuti dalla legge(180 giorni anche discontinui oppure 150 ma solo se svolti ininterrottamente dal 1 febbraio e fino al termine dell’anno scolastico), per gli Ata i servizi valutabili sono quelli effettivamente prestati. Si considerano cioè i periodi di servizio anche brevi, non essendo prevista in ogni anno scolastico una durata minima.
Infine, il servizio militare. Per docenti e personale Ata, il servizio militare e il servizio civile sostitutivo di quello di leva, nonché l’opera di assistenza tecnica prestata in Paesi in via di sviluppo è valutato anche se svolto non in costanza di servizio purché prestato a partire dal 30 gennaio 1987. Il servizio di leva che ha avuto termine prima di quella data vale solo se prestato in costanza di servizio.