Orizzontescuola.it – 25/06/2018 – Bocciature scrutini ed esami, come devono essere comunicate alle famiglie nel modo corretto (di Katjuscia Pitino)
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L’autonomia scolastica ha inciso molto sulle modalità di comunicazione scuola/famiglia, lasciando alle singole istituzioni scolastiche la libertà di regolamentare la questione o all’interno del piano triennale dell’offerta formativa o meglio ancora nel Regolamento di istituto
. Nella fattispecie entrano a pieno titolo anche le modalità di comunicazione degli esiti negativi degli scrutini e degli esami, le quali per la delicatezza della missiva dovrebbero essere opportunamente definite dalla scuola ed ordinate in modo tale che l’adempimento non venga a ledere il diritto alla riservatezza che le famiglie (in specie alcune!) si aspettano sulla tematica in oggetto.
Benché il garante sulla privacy si sia espresso sulla possibilità di poter pubblicare gli esiti scolastici degli alunni (Cfr. La privacy tra i banchi di scuola del 2010 Vademecum del Garante), non violando tale pubblicazione il diritto alla riservatezza, esiste tuttavia una deontologia prettamente scolastica che impone il rispetto di alcuni principi fondamentali che potrebbero trovare legittimazione sia attraverso i documenti succitati, sia nel famoso Patto educativo di corresponsabilità, introdotto dal DPR n.235 del 2007, il quale può considerarsi oggi lettera morta, ridotto in effetti, quando si fa, ad una mera sottoscrizione formale. Rari sono infatti i casi in cui il patto “finalizzato a definire in maniera dettagliata e condivisa diritti e doveri nel rapporto tra istituzione scolastica autonoma, studenti e famiglie” sia il frutto di “elaborazione e revisione condivisa”. Del tutto assenti poi le previsioni del comma 3 dell’art.3 del DPR 235 dove si indica appunto che “nell’ambito delle prime due settimane di inizio delle attività didattiche, ciascuna istituzione scolastica pone in essere le iniziative più idonee per le opportune attività di accoglienza dei nuovi studenti, per la presentazione e la condivisione dello statuto delle studentesse e degli studenti, del piano dell’offerta formativa, dei regolamenti di istituto e del patto educativo di corresponsabilità”.
Oggi il fenomeno della digitalizzazione, dilagante ed impositiva, esternata in ambito scolastico attraverso il Registro Elettronico, strumento elevato a simbolo della trasparenza valutativa e della stessa funzione docente, ha fatto perdere di vista le buone creanze che dovrebbero esistere alla base di ogni patto educativo. Il R.E. ha taylorizzato la valutazione scolastica, azzerando il dispositivo della narrazione e facendo scomparire del tutto gli incontri scuola/famiglia in presenza; nella sostanza si stanno perdendo i contatti umani che costituiscono la base per una buona collaborazione e condivisione.
Eppure negli anni passati il Miur attraverso ordinanze e note ministeriali raccomandava di porre particolare attenzione alla tematica della comunicazione degli esiti negativi degli scrutini e degli esami; ricordiamo l’O.M. n.126 del 2000 e la successiva Circolare n.156 del 2000, quest’ultima afferma che la comunicazione dell’esito negativo degli scrutini e degli esami non è da considerarsi come “un atto a se stante, di carattere meramente burocratico, ma come momento conclusivo di una continua e proficua collaborazione tra scuole e famiglie da incentivare e rendere sempre più intensa e partecipata nel futuro”. Peraltro le indicazioni ministeriali oltre a sollecitare le scuole sulla necessità di individuare e definire le modalità di comunicazione sottolineavano di trattare la questione “secondo il prudente apprezzamento derivante dalla conoscenza e peculiarità dei singoli casi”. Quindi già allora il Miur si poneva il problema del trattamento della questione.
Al contrario procedura diversa è inserita nell’O.M. n.257 del 2017 sugli esami di Stato conclusivi di istruzione secondaria di secondo grado, dove all’art.28 si legge che è possibile utilizzare la dizione ESITO NEGATIVO nel caso di mancato superamento dell’esame stesso (cfr. articolo 6, comma 4, D.P.R. n. 122/2009), principio che ritroviamo anche nell’ultima O.M. n.350 del 2018.
Il decreto legislativo n.62 del 2017 che detta norme sulla valutazione prevede all’art.1 comma 5 che “per favorire i rapporti scuola-famiglia, le istituzioni scolastiche adottano modalità di comunicazione efficaci e trasparenti in merito alla valutazione del percorso scolastico delle alunne e degli alunne, delle studentesse e degli studenti”, quindi si pone in tutta evidenza il problema della comunicazione dei percorsi scolastici; ricordiamo però che dal primo settembre 2017 l’art.1 del DPR n.122 del 2009 ha cessato di avere efficacia; in riferimento a quest’ultimo articolo, il comma 7 in effetti permetteva alle scuole di avvalersi “nel rispetto delle vigenti disposizioni in materia di riservatezza, anche degli strumenti offerti dalle moderne tecnologie”, per assicurare una informazione tempestiva circa il processo di apprendimento e la valutazione degli alunni. Viene il dubbio che il legislatore, attraverso questa dichiarazione di inefficacia, abbia inteso ripristinare modalità di comunicazione diverse da quelle digitali, rinviando alle disposizioni di cui all’art.1 comma 5 del D.Lgs 62. In teoria le modalità di comunicazione dovrebbero essere parte integrante dei criteri stabiliti dal collegio dei docenti ed inserite nel PTOF.
Di fronte a tutto ciò, ai genitori non resta che lamentare la mancata regolamentazione delle modalità di comunicazione scuola/famiglia nel momento in cui essi sono chiamati a formulare le loro proposte in merito al PTOF e in seno al Consiglio di istituto, tanto meglio se ci sono occasioni per condividere il Patto educativo di corresponsabilità.
Infine possiamo affermare che le relazioni scuola famiglia contribuiscono alla qualità della scuola e non è corretto liquidare l’esito negativo di un alunno soltanto attraverso una mera pubblicazione.