Scuola PSB Consulting – 14/11/2024 – L’istituto del “silenzio” nella Pubblica Amministrazione
Fonte: https://scuola.psbconsulting.it/
L’istituto del “silenzio” nella Pubblica Amministrazione
di Silvia Sartini
Nell’ordinamento giuridico italiano si riconosce valore anche al comportamento omissivo o inerte della Pubblica Amministrazione.
Il silenzio della Pubblica Amministrazione si configura come comportamento censurabile in quanto viola le previsioni poste:
- dall’art. 41 Carta diritti fondamentali dell’UE: che riconosce al singolo il diritto a veder trattate le questioni amministrative che lo riguardano, oltre che con imparzialità ed equità, anche entro un termine ragionevole;
- dall’art. 97 Cost c. 2 che enuncia il dovere per la Pubblica Amministrazione di agire secondo il principio di buon andamento della Pubblica Amministrazione;
- dall’art. 2 della L. 241/90 che individua l’obbligo generale per la Pubblica Amministrazione di provvedere concludendo il procedimento amministrativo con un provvedimento espresso e la necessità che tale provvedimento intervenga entro un termine certo e ragionevole in ossequio al principio di certezza del diritto. L’individuazione dei suddetti termini rileva sia per scandire l’azione amministrativa sia per individuare il momento a partire dal quale assume rilevanza l’eventuale inerzia della PA. La Pubblica Amministrazione risulta investita di poteri per la cura degli interessi pubblici e l’art. 2 della L. 241/90 “Conclusione del procedimento” prevede in capo all’Amministrazione il dovere di concludere il procedimento amministrativo, avviato ad istanza di parte o d’ufficio, mediante l’adozione di un provvedimento espresso, in un termine preciso indicato dalla legge o da un regolamento oppure in mancanza, entro il termine di 30 giorni (è termine supplettivo che opera quando le PA procedenti non abbiano individuato termini diversi, cosiddetto principio di “generale temporizzazione dei procedimenti amministrativi con termini certi di conclusione dei procedimenti amministrativi). Le singole amministrazioni possono anche prevedere termini di conclusione dei procedimenti maggiori, ma comunque non superiori a 90 giorni, purché declinati in apposito regolamento ministeriale. In ulteriori casi, tassativamente previsti per legge, innalzano la soglia a 180 giorni. La decorrenza del termine può essere inoltre sospesa per una sola volta e per un periodo non superiore a 30 giorni nel caso occorra acquisire informazioni o certificazioni, mancanti o non direttamente acquisibili, utili alla definizione del procedimento.
A tali espresse previsioni normative si può aggiungere quanto espresso dal Consiglio di Stato che con parere 929/2016 ha ritenuto che il “fattore tempo” assume la consistenza di valore ordinamentale fondamentale e di componente determinante per la vita e l’attività dei cittadini e delle imprese per i quali l’incertezza e la lunghezza dei tempi amministrativi può costituire un costo che incide sulla libertà di iniziativa privata ex art. 41 Costituzione”.
L’ordinamento prevede 2 ordini di tutela:
- preventiva: quando il legislatore interviene per prevenire la produzione di effetti pregiudizievoli per il privato riconoscendo al silenzio un significato legale tipico (es. silenzio assenso, silenzio rigetto);
- successiva: quando è il privato che reagisce per contrastare l’eventuale pregiudizio causato dall’inerzia della PA (es. silenzio inadempimento).
Il silenzio della Pubblica Amministrazione diviene rilevante nei casi in cui la Pubblica Amministrazione non emana un atto amministrativo che una norma giuridica prevede che emani o non provveda a fronte di istanze di parte.
Lo stesso è stato qualificato dal legislatore in modo differente in relazione alle singole fattispecie.
La Pubblica Amministrazione ha quindi il dovere dell’azione amministrativa e il suo comportamento omissivo può assumere valore:
- provvedimentale o significativo, si ha quando una norma giuridica attribuisce effetti giuridici al silenzio della Pubblica Amministrazione, al silenzio viene pertanto conferito già un significato che può essere di:
1° silenzio assenso: è un silenzio tipizzato in quanto previsto già dalla previsione normativa che lo qualifica in tal senso assegnando il significato di accoglimento dell’istanza senza necessità di ulteriori istanze o diffide. Il trascorrere di un periodo di tempo prefissato (termine di conclusione del procedimento) che decorre dalla data di presentazione dell’istanza, senza che la Pubblica Amministrazione abbia adottato atti interruttivi o atti di accoglimento o di diniego espressi, produce l’automatico accoglimento dell’istanza.
Il silenzio assenso rappresenta la regola generale, salvo disposizione contraria, dell’azione amministrativa: la legge qualifica il silenzio della Pubblica Amministrazione protrattosi per un determinato termine come equivalente ad un provvedimento a contenuto positivo. Tale istituto è stato introdotto al fine di accelerare i procedimenti amministrativi e per liberalizzare l’attività dei privati attribuendo all’inerzia della Pubblica Amministrazione l’effetto di un provvedimento tacito di autorizzazione fermo restando che il cittadino sia in possesso di tutti i requisiti soggettivi ed oggettivi previsti in relazione all’istanza presentata.
Il silenzio assenso non si applica ai casi indicati dall’art. 20 L. 241/90:
– l’istituto della DIA (Dichiarazione di Inizio Attività) ai sensi dell’art. 19 L. 241/90;
– il silenzio assenso generalizzato, le fattispecie riconducibili a tale tipologia di silenzio sono ricavabili dall’art. 2 L. 241/90 in combinato disposto con l’art. 20, comma 4, L. 241/90: atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza e l’immigrazione, la salute e la pubblica incolumità, casi previsti dalla normativa comunitaria e casi individuati con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, casi in cui la legge qualifica il silenzio della Pubblica Amministrazione come rigetto.
In tema di silenzio assenso novità in materia ambientale sono state apportate dall’approvazione del Decreto Semplificazioni bis D.L. 31 maggio 2021, n. 77 che all’articolo 63 prevede l’inserimento del comma 2-bis all’art. 20 della L. 241/1990 “Nei casi in cui il silenzio dell’amministrazione equivale a provvedimento di accoglimento ai sensi del comma 1, fermi restando gli effetti comunque intervenuti del silenzio assenso, l’amministrazione è tenuta, su richiesta del privato, a rilasciare, in via telematica, un’attestazione circa il decorso dei termini del procedimento e pertanto dell’intervenuto accoglimento della domanda ai sensi del presente articolo. Decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, l’attestazione è sostituita da una dichiarazione del privato ai sensi dell’art. 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445”.
A seguito dell’accoglimento della domanda per effetto del silenzio la Pubblica Amministrazione può, in via di autotutela, annullare d’ufficio o revocare l’atto di assenso (art. 20, comma 3 L. 241/90).
La competenza in tema di controversie in materia di silenzio assenso sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. L’istante potrà preporre ricorso giurisdizionale al fine di ottenere una pronuncia che ordini alla Pubblica Amministrazione di provvedere, di norma, entro 30 giorni.
2° silenzio rigetto o silenzio diniego: al silenzio della Pubblica Amministrazione la legge conferisce il significato di provvedimento negativo. È figura residuale per effetto della generalizzazione operata dal legislatore del silenzio assenso. Il silenzio della Pubblica Amministrazione a seguito del decorso del tempo assume qualifica negativa intendendosi equivalente ad un provvedimento di diniego rispetto all’istanza presentata ma perché si possa parlare di silenzio rigetto occorre un’espressa previsione di legge.
Alcuni esempi:
– l’autorizzazione che il dipendente pubblico è tenuto a richiedere alla propria Amministrazione di appartenenza nel caso in cui intenda accettare incarichi extraistituzionali, se l’Amministrazione non provvede entro 45 giorni la richiesta si intende negata (art. 53 del D.Lgs. 165/2001);
– la richiesta di accesso ai documenti amministrativi, decorsi 30 giorni dalla richiesta si intende respinta con conseguente possibilità, per il richiedente, di presentare ricorso al T.A.R. (art. 25 L. 241/90).
– la fattispecie disciplinata dall’art. 6 del DPR 1199/1971 che prevede che in caso di mancata pronuncia a seguito di ricorso gerarchico presentato, il comportamento della Pubblica Amministrazione si qualifichi come negativo intendendosi rigettato. Il ricorrente a tal punto potrà quindi presentare ricorso giurisdizionale, entro 60 giorni decorrenti dalla data di formazione del silenzio della Pubblica Amministrazione, senza necessità di diffida all’Amministrazione inadempiente.
A seguito dell’approvazione della Legge 241/90 si sancisce all’art. 2, il dovere per le Pubbliche Amministrazione di concludere con un provvedimento espresso il procedimento amministrativo (sia iniziato d’ufficio che ad istanza di parte) entro il termine previsto dalla legge o da un regolamento oppure entro il termine di 30 giorni. Tale disposizione non si applica ai casi in cui la legge qualifica il silenzio della Pubblica Amministrazione come comportamento negativo di rigetto dell’istanza (art. 20, comma 4, Legge 241/90).
A tal punto l’Amministrazione potrà solo esercitare poteri discrezionali in autotutela quali:
– provvedimenti di revoca (art. 21 quinquies L. 241/90);
– provvedimenti di annullamento d’ufficio e provvedimenti di convalida (art. 21 nonies L. 241/90).- non provvedimentale o asignificativo: è il mero fatto dell’inerzia della Pubblica Amministrazione, la legge non qualifica espressamente il silenzio della Pubblica Amministrazione (comportamento omissivo) pertanto il silenzio non ha quindi contenuto decisorio. È cosiddetto:
– silenzio inadempimento o rifiuto: nei casi in cui l’Amministrazione aveva il dovere giuridico di provvedere con l’emanazione di un atto amministrativo (il procedimento può sorgere sia a seguito a seguito dell’istanza del privato anche qualora essa risulti manifestamente irricevibile, inammissibile, improcedibile o infondata, sia quando è ad iniziativa d’ufficio). L’amministrazione non intende né accettare né rifiutare l’istanza, semplicemente è inadempiente.
Tale tipologia opera nei casi in cui non può applicarsi:
– l’istituto della DIA (Dichiarazione di Inizio Attività) ai sensi dell’art. 19 L. 241/90;
– il silenzio assenso generalizzato, le fattispecie riconducibili a tale tipologia di silenzio sono ricavabili dall’art. 2 L. 241/90 in combinato disposto con l’art. 20, comma 4, L. 241/90: atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza e l’immigrazione, la salute e la pubblica incolumità, casi previsti dalla normativa comunitaria e casi individuati con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri.
L’istante potrà preporre ricorso giurisdizionale al fine di ottenere una pronuncia che ordini alla Pubblica Amministrazione di provvedere, di norma, entro 30 giorni.
In tema di silenzio inadempimento novità in materia ambientale sono state apportate dall’approvazione del Decreto Semplificazioni bis D.L. 31 maggio 2021, n. 77 che all’articolo 61 prevede la modifica del comma 9 ter dell’art. 2 della L. 241/90 “Decorso inutilmente il termine per la conclusione del procedimento o quello superiore di cui al comma 7, il responsabile o l’unità organizzativa di cui al comma 9-bis, d’ufficio o su richiesta dell’interessato, esercita il potere sostitutivo e, entro un termine pari alla metà di quello originariamente previsto, conclude il procedimento attraverso le strutture competenti o con la nomina di un commissario”.
Dalla scadenza del termine previsto per provvedere, il destinatario potrà esercitare varie forme di tutele di tipo:
a. amministrativo: ai sensi dell’art. 2 L. 241/90 si prevede il potere sostitutivo in caso di inerzia dell’Amministrazione procedente; al comma 9 bis si indica la necessità per l’organo di governo di individuare, nell’ambito delle figure apicali dell’Amministrazione, il soggetto a cui attribuirlo (con relativa pubblicazione del nominativo sul sito web dell’Amministrazione). Decorso inutilmente il termine per la conclusione del procedimento il privato potrà rivolgersi al responsabile individuato come titolare del potere sostitutivo affinché questi, entro un termine pari alla metà di quello originariamente previsto, concluda il procedimento attraverso le strutture competenti oppure attraverso la nomina di un commissario ad acta.
b. giurisdizionale: la tutela avverso il silenzio della Pubblica Amministrazione – cioè dell’inattività della Pubblica Amministrazione una volta decorsi i termini di conclusione del procedimento – è disciplinata dal Codice del Processo Amministrativo (CPA) D.Lgs. 104/2010 agli art. 31 “Azione avverso il silenzio e declaratoria di nullità” e art. 117 “Ricorsi avverso il silenzio” (che codificano il rito avverso il silenzio della Pubblica Amministrazione) e le controversie sono devolute, ai sensi dell’art. 133 CPA, alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Chiunque vi ha interesse si può rivolgere, finché dura l’inadempimento e comunque non oltre 1 anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento, all’autorità giurisdizionale amministrativa per ottenere una pronuncia di accertamento, e relativa declaratoria con sentenza, dell’obbligo della Pubblica Amministrazione di provvedere.
Il ricorso è proposto, anche senza previa diffida (il silenzio inadempimento si configura automaticamente), mediante atto notificato alla Pubblica Amministrazione e ad almeno 1 controinteressato nel termine di cui all’art. 31 c. 2 del CPA.
Il giudice amministrativo si pronuncerà direttamente sulla fondatezza della pretesa dell’interessato qualora si tratti di attività vincolata, in assenza di discrezionalità e di necessità di ulteriori adempimenti istruttori dell’Amministrazione.
Il giudizio, a seguito di discussione del ricorso in Camera di consiglio, si conclude con una Sentenza in forma semplificata, in caso di accoglimento (totale o parziale) del ricorso il giudice con la decisione che definisce il giudizio ordina alla Pubblica Amministrazione di provvedere entro un termine di norma non superiore a 30 giorni (può anche nominare un commissario ad acta).
In merito al ritardo
Una volta cessato l’inadempimento, ai sensi dell’art. 2 bis L. 241/90 “Conseguenze per il ritardo dell’amministrazione nella conclusione del procedimento” in combinato disposto con l’art. 30 CPA “Azione di condanna”, è esperibile l’azione risarcitoria per danno da ritardo nei confronti della Pubblica Amministrazione per il risarcimento del danno ingiusto cagionato dall’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione dell’iter procedimentale.
Si propone davanti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (sia che si tratti di interessi legittimi che di diritti soggettivi) entro il termine di prescrizioni di 5 anni.
I presupposti necessari ai fini della sussistenza di una responsabilità della Pubblica Amministrazione causativa di un danno da ritardo:
- profilo oggettivo: danno o evento dannoso qualificato in termini di cattivo uso del potere pubblico, il danno patito dall’interessato deve essere caratterizzato da ingiustizia (contra ius) che violi interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico;
- profilo soggettivo: colpa (inosservanza delle regole generali di prudenza, perizia, diligenza) o dolo;
- nesso causale: fattore tempo nel senso che il tempo è un bene della vita per l’interessato e quindi il ritardo nella conclusione di un procedimento produce un costo;
- prova del pregiudizio subito.
L’art. 28 del D.L. 69/2013 cosiddetto “Decreto del fare” ha introdotto il comma 1 bis all’art. 2 bis L. 241/90 che prevede la possibilità per l’interessato di ottenere la condanna della Pubblica Amministrazione ad una somma pari a Euro 30,00 per ogni giorno di ritardo a titolo di indennizzo da ritardo (fino ad un massimo pari a Euro 2.000,00) decorrenti dalla data di scadenza del termine in cui avrebbe dovuto concludersi il procedimento.
Tale previsione costituisce una forma di indennizzo automatico da “mero ritardo” da estendersi a tutti i procedimenti a istanza di parte, si considera il ritardo in termini di costo (a differenza del danno da ritardo) attribuendo al concetto di tempo un valore monetario ex se a prescindere dalla fondatezza dell’istanza del privato e della responsabilità soggettiva della Pubblica Amministrazione.
Il fondamento risiede nel “contatto amministrativo” in quanto si colloca in una fase precedente all’instaurazione del procedimento (fase dell’affidamento tra privato e PA) che deve essere caratterizzata da correttezza e buona fede.
Dott.ssa Silvia Sartini è DSGA presso l’I.I.S. “A. Panzini” di Senigallia (AN), Specialista in Diritto Amministrativo e Scienza dell’Amministrazione, Dottoranda GIASDI presso l’Università di Teramo, docente a contratto presso presso l’Università telematica “N. Cusano” nel Master in Dirigenti nelle Istituzioni scolastiche.