Sinergie di Scuola – 11/11/2014 – Congedo parentale: il Dirigente può non accettare la fruizione frazionata?
Il congedo parentale è quel periodo di assenza disciplinato dall’art. 32 del D. Lgs.n.151/2001, il quale prevede che per ogni bambino, nei primi suoi otto anni di vita, ciascun genitore ha diritto di astenersi dal lavoro per un periodo così determinato:
- alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di congedo di maternità (ex astensione obbligatoria), per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi;
- al padre lavoratore, dalla nascita del figlio, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi, elevabile a sette nel caso in cui il padre lavoratore eserciti il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a tre mesi;
- qualora vi sia un solo genitore, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a dieci mesi.
Il congedo parentale spetta al genitore richiedente anche qualora l’altro genitore non ne abbia diritto.
Il genitore è tenuto, salvo casi di oggettiva impossibilità, a preavvisare il datore di lavoro secondo le modalità e i criteri definiti dai contratti collettivi, e comunque con un termine di preavviso non inferiore a quindici giorni con l’indicazione dell’inizio e della fine del periodo di congedo.
Secondo l’Aran, che ha recentemente risposto ad un quesito riferito al Comparto Regioni ed Autonomie Locali, nei casi di congedo parentale i dipendenti sono titolari di un vero e proprio diritto potestativo alla fruizione dello stesso. Pertanto, non si tratta di assenze che debbano essere autorizzate discrezionalmente dal datore di lavoro, che deve solo verificare la sussistenza dei presupposti di legge e prendere atto del diritto ad assentarsi del dipendente. Quello che rileva è il rispetto del periodo di preavviso stabilito dalla legge e dalla contrattazione collettiva (come già detto, almeno 15 giorni prima dell’inizio della fruizione del periodo di congedo).
Sul punto della fruizione frazionata del congedo parentale e sulla legittimità di un preavviso formulato dal dipendente in modo da precostituire una sorta di calendario programmato con riferimento a una o più settimane o addirittura mesi, a suo tempo si è pronunciato anche il Tavolo di coordinamento giuridico costituito presso l’ARAN e formato da esperti e da docenti universitari di diritto del lavoro. Nella riunione dell’8.4.2003 il suddetto organismo ebbe infatti modo di affermare che:
“Il Tavolo giuridico, in materia, ritiene che l’ente non possa legittimamente rifiutare tale forma di preavviso. Alla base di tale indicazione, vi è la circostanza che sia l’art. 32 del D.Lgs.n.151/2001 sia l’art. 17del CCNL del 14.9.2000 per il comparto Regioni-Autonomie Locali si limitano solo in generale a prevedere la necessità del preavviso ai fini della fruizione del congedo parentale, senza dettare disposizioni specifiche per il caso di fruizione frazionata. Ciò comporta che, purché il preavviso sia stato comunque dato, l’ente non può legittimamente rifiutare la fruizione del congedo secondo “il programma” di assenza dal lavoro indicato dalla dipendente, in quanto si tradurrebbe in una limitazione del tutto ingiustificata del diritto spettante alla stessa”.
Pertanto, anche in presenza di esigenze di servizio, l’ente comunque non potrebbe negare o interrompere la fruizione da parte della dipendente del periodo di congedo parentale richiesto nel necessario rispetto del periodo di preavviso. Tuttavia, è anche vero che l’esercizio di tale diritto deve avvenire da parte della dipendente nel rispetto dei principi generali di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto di lavoro, evitandosi comportamenti idonei ad incidere negativamente oltre misura sull’organizzazione ed il funzionamento degli uffici.