Sinergie di Scuola – 22/04/2014 – La Consulta dice di nuovo “no” agli scatti biennali per i precari
I supplenti della scuola non hanno diritto agli scatti biennali di anzianità.
Con la ordinanza n. 101 del 16/04/2014 la Corte Costituzionale torna ad occuparsi della mancata previsione del diritto alla maturazione degli aumenti economici biennali spettanti al personale non di ruolo, docente e non docente, e conferma l’orientamento già espresso lo scorso anno, per un caso analogo, con sentenza n. 146/2013.
Questa la vicenda.
Nel corso di un giudizio promosso da un docente precario nei confronti del Miur, il Tribunale ordinario di Sant’Angelo dei Lombardi, in funzione di giudice del lavoro, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 53, terzo comma, della legge 11 luglio 1980, n. 312 (Nuovo assetto retributivo-funzionale del personale civile e militare dello Stato), nella parte in cui “esclude il personale della scuola non di ruolo supplente (sia docente che non docente) dal diritto alla maturazione degli aumenti economici biennali riconosciuti al personale non di ruolo a tempo indeterminato”, nonché “nella parte in cui, con riferimento all’ultimo comma dello stesso articolo, prevede un diverso trattamento tra docenti di religione e docenti di materie diverse, anche nel caso in cui entrambi rendano, come supplenti, una prestazione a tempo determinato”.
Il lavoratore in questione, in particolare, ha chiesto l’accertamento del suo diritto a vedersi corrispondere gli scatti biennali di anzianità, a partire dal terzo anno di servizio, con conseguente condanna del Ministero al pagamento dei relativi emolumenti; ciò in quanto, avendo prestato servizio, con rapporti di lavoro a tempo determinato, dal 1995 fino alla data in cui il giudizio è stato intrapreso, non aveva goduto durante tali periodi degli scatti di anzianità previsti dal censurato art. 53 della legge n. 312 del 1980.
Il giudice del lavoro ha, a tale proposito, sottolineato che l’art. 53, terzo comma, secondo cui i supplenti sono esclusi in ogni caso da ogni aumento biennale di stipendio, “costituisce un ostacolo diretto ed insuperabile al riconoscimento del diritto alla maturazione degli scatti di anzianità in favore del personale non di ruolo assunto a tempo determinato”. La norma impugnata crea, secondo il Tribunale, due disparità di trattamento, l’una tra il personale docente e amministrativo a tempo determinato rispetto a quello non di ruolo a tempo indeterminato, e l’altra tra i primi e i docenti di religione.
Con riferimento in particolare a questi ultimi, il Tribunale rileva che la norma impugnata crea una discriminazione in favore degli insegnanti di religione, ai quali l’ultimo comma del medesimo art. 53 garantisce una progressione economica di carriera anche se si tratta di docenti assunti con contratti annuali. Disparità che, sempre secondo il Giudice, aveva una sua giustificazione in origine, in quanto i docenti di religione non potevano mai diventare di ruolo, sicché era ragionevole riconoscere, in loro favore, almeno il diritto ad una progressione stipendiale, ma nel sistema attuale le ragioni della diversità di trattamento sono venute meno (dopo l’entrata in vigore della legge 18 luglio 2003, n. 186 è stato consentito l’ingresso in ruolo anche di tali docenti, con apposito concorso).
La norma “incriminata” sembrerebbe dunque in contrasto non solo con la giurisprudenza comunitaria, ma anche col principio di uguaglianza e con quello della parità di trattamento economico di cui agli artt. 3 e 36 Cost., perché non è ragionevole pensare che “a parità di anzianità lavorativa e di opportunità di progressione in carriera, l’insegnante di materie non religiose debba percepire, dopo il primo quadriennio, una retribuzione inferiore a quella percepita dall’altro”, tanto più che l’insegnante di religione mantiene il beneficio anche dopo l’ingresso in ruolo, mentre il docente di altre materie viene immesso in ruolo con il solo stipendio base.
La Consulta però non è d’accordo e, nel richiamare una propria precedente sentenza, la n. 146 del 2013, ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 53, terzo comma, della legge n. 312 del 1980 con riguardo ai docenti non di ruolo a tempo indeterminato, mentre ha dichiarato non fondata la questione avente ad oggetto il medesimo art. 53, terzo comma, con riguardo ai docenti di religione.
Queste le conclusioni della Corte:
“1) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 53, terzo comma, della legge 11 luglio 1980, n. 312 (Nuovo assetto retributivo-funzionale del personale civile e militare dello Stato), sollevata – in riferimento agli articoli 3, 36, 11 e 117 della Costituzione, questi ultimi due parametri in relazione alla clausola 4 dell’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, allegato alla direttiva 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE del Consiglio – dal Tribunale ordinario di Sant’Angelo dei Lombardi, in funzione di giudice del lavoro, con riguardo al tertium comparationis costituito dai docenti non di ruolo a tempo indeterminato, con l’ordinanza di cui in epigrafe;
2) dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del medesimo art. 53, terzo comma, della legge n. 312 del 1980 sollevata, in riferimento ai medesimi parametri costituzionali, dal Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi, in funzione di giudice del lavoro, con riguardo al tertium comparationis costituito dai docenti di religione, con l’ordinanza di cui in epigrafe”.