Sinergie di Scuola – 22/11/2013 – C’è causa di servizio per la docente “pendolare”
All’insegnante che per anni è costretta a fare da pendolare tra una scuola e l’altra deve essere riconosciuta la causa di servizio per le patologie contratte a causa dei continui spostamenti.
A dirlo è la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con sentenza n. 22865 dell’8/10/2013.
Questa la questione. La ricorrente aveva insegnato materie letterarie in varie scuole e in varie parti d’Italia e per questo era stata costretta a viaggiare con qualsiasi tempo e in qualsiasi stagione dell’anno, avendo di conseguenza riportato patologia uditiva e osteoarticolare.
Per tale ragione aveva chiesto il riconoscimento della causa di servizio e il relativo trattamento indennitario previsto per l’insorgenza di malattia dipendente da causa di servizio.
Il Miur si era costituito in giudizio, contestando la fondatezza della domanda ed escludendo che le infermità lamentate potessero dipendere da fatti di servizio. E anche il Tribunale di Roma, in funzione di giudice del lavoro, aveva rigettato il ricorso proposto dalla docente, ritenendo che non fosse stato assolto l’onere probatorio incombente sulla stessa, per non aver indicato con chiarezza quali e quante fossero le sedi di servizio difficilmente raggiungibili o che comunque comportavano notevoli disagi nei tragitti. Questo sebbene la consulenza tecnica d’ufficio medico/legale avesse confermato che le infermità a carico dell’apparato osteo-articolare, riscontrate nella ricorrente, erano state contratte in servizio e a causa di servizio.
Decisione, questa, ribaltata in appello e contro la quale il Miur ha proposto ricorso in Cassazione.
“In proposito questa Corte (Cass. civ., sez. un., 17 giugno 2004, n. 11353), con riguardo alla domanda di equo indennizzo, ha affermato che grava sul lavoratore l’onere di provare, con precisione, i fatti costitutivi del diritto, dimostrando la riconducibilità dell’infermità alle modalità di svolgimento delle mansioni inerenti alla qualifica rivestita, variabili in relazione al luogo di lavoro, ai turni di servizio, all’ambiente lavorativo, non configurando, le mansioni inerenti alle qualifiche, un fatto notorio che non necessita di prova, atteso che esse sono variabili in dipendenza del concreto posto di lavoro, della sua localizzazione geografica, dei turni di servizio, dell’ambiente in generale, essendo assolutamente irrilevante che la controparte non abbia contestato, con la comparsa di costituzione in primo grado, le modalità della prestazione lavorativa allorquando dette modalità non siano state precisate; inoltre, nelle patologie aventi carattere comune ad eziologia c.d. multifattoriale, il nesso di causalità fra attività lavorativa ed evento, in assenza di un rischio specifico, non può essere oggetto di presunzioni di carattere astratto ed ipotetico, ma esige una dimostrazione, quanto meno in termini di probabilità, ancorata a concrete e specifiche situazioni di fatto, con riferimento alle mansioni svolte, alle condizioni di lavoro e alla durata e intensità dell’esposizione a rischio”.
Nel caso in questione, le consulenze tecniche d’ufficio, in primo e secondo grado, erano state entrambe favorevoli all’originaria ricorrente. E per tale ragione la Cassazione ha respisnto il ricorso del Miur, condannandolo al pagamento delle spese processuali.