Sinergiediscuola.it – 16/12/2010 – Troppe ore al computer ? – Il danno da stress va provato
Non può essere accolta la pretesa al risarcimento del danno alla salute, derivante dallo stress di espletare la propria attività lavorativa tutti i giorni usando il computer per più di 4 ore al giorno, in posizioni posturali e di luminosità precarie, a causa della carenza di dimostrazione del pregiudizio subito (Cassazione Civile, sezione lavoro, 20 maggio 2010, n. 12351) ed in assenza anche di un qualsiasi principio di prova, come da costante giurisprudenza civilistica in materia di danno biologico.(Cassazione, sezione III, 10 dicembre 2009, n. 25820).
A stabilirlo è il Tar del Lazio, sede di Roma, che con la sentenza n. 35028 del 2 dicembre 2010 ha risposto alla richiesta di alcuni dipendenti pubblici in merito all’accertamento del diritto ai danni da stress subiti per l’esposizione prolungata ai videoterminali.
E a nulla è servita la documentazione allegata alla memoria difensiva, tra cui la Circolare del Ministero del Tesoro in data 16 novembre 1989, n. 11 recante “Problemi di sicurezza ed igiene del lavoro per il personale adibito all’uso di video terminali. Criteri di Valutazione dei filtri protettivi per video terminali”; una ricerca svolta presso le strutture dell’ISPESL di Monte Porzio Catone nel periodo 1995 – 1996 avente per oggetto “Valutazione dell’affaticamento fisico, neurosensoriale, psichico e mentale in addetti a VDT, con carichi di lavoro standard e operanti in ambiente a diverse condizioni microclimatiche, di illuminazione, di rumore controllato”; nonché un opuscolo dell’INAIL intitolato “il medico competente e gli addetti ai videoterminali” contenente una raccolta di norme, circolari e studi sulle conseguenze dell’esposizione a dette apparecchiature e tra le quali viene segnalata la circolare 22 febbraio 1991 del Ministero della Funzione Pubblica.
Al riguardo, infatti, benché il corposo apparato documentale possa tornare utile ad un aggiornamento sulle problematiche in questione, per il Tar esso non appare sufficiente a provare il danno che ciascun ricorrente possa avere tratto dalla adibizione a videoterminali e PC, dal momento che affronta la problematica in generale, “laddove la prova del danno passa, secondo i principi civilistici in materia, per la dimostrazione anzitutto dell’evento causativo, del nesso di causa e dell’elemento soggettivo presente in chi tale danno avrebbe prodotto”.